Depravazione o protesta? 662 bis

Ieri mia figlia mi ha posto a conoscenza della triste vicenda di un benzinaio inquadrato mentre si auto sodomizzava col bocchettone della pompa di benzina presso cui lavora. E giù tutti a pensar male! Tutti a pensare che il benzinaio è un depravato, a partire dall’autore del video che anziché dirgli Uhè ma che stai facendo? ha tirato fuori il cellulare e si è messo a filmare. Se c’è un lavoro mal pagato e preso di mira è quello del benzinaio, fra accise non tagliate, vapori di piombo, e obbligo di esposizione del prezzo medio della benza al litro, sono dell’idea che il povero benzinaio stesse adottando una nuovo e originale forma di protesta, quella di chi è stanco di beccarlo nel retro bottega e ha deciso di farselo da sé. Insomma è il solito delirio. Vuoi vedere che adesso, con decretazione d’urgenza la banda merdoni obbligherà tutti i benzinai della repubblica a esporre un altro cartello indicante il tasso di escherichia coli presente sul bocchettone delle pompe di verde e diesel?

Al mi moèni (Le mie mani) di Giuliana Rocchi

Unica voce femminile della scuola di poesia sorta a Santarcangelo di Romagna dopo la metà del Novecento, Giuliana Rocchi (1922 – 1996) non amava essere definita “poetessa”. Autodidatta, operaia e bracciante, era solita dire che le sue erano solo storie di vita vissuta, un modo per raccontare il mondo dalla parte dei diseredati, usando la loro lingua. 
che par zinquènt’àn
(a m’arcórd
ch’andéva ancàura a scóla)
agli à fat tót i lavéur;
al mi moèni
che agli à garavloè
légna e érbi
zò ma l’Éus
che agli à spighé, batéu,
vandmoè, spanucè;
al mi moèni bróti
che par vóint’àn
agli à alzoè
póinz e fass ad canva
piò gróss dal su fórzi
e fat al mièra
ad néud e’ dè;
al mi moèni róvdi
che agli à gramloè e’ lóin
at quel ‘d Visérba
e al féva e’ sangv;
al mi moèni tuzòti
che agli à strisé suloèr,
sbatéu lanzùl ad chìlt,
fat spòia, pìda, tót
e che par lóss
agli à oènca ricamoè
e ancàura al spuntéccia
calzét di mì burdéll;
al mi moèni strachi
che la matóina
quant a m svégg
al n’è piò bóni
ad céud e’ pógn.

Le mie mani. Le mie mani / che per cinquant’anni / (mi ricordo/ che andavo ancora a scuola) / han fatto tutti i lavori; / le mie mani / che han raccattato / legna e erbe / giù all’Uso / che hanno spigolato, trebbiato, / vendemmiato, sfogliato pannocchie; / le mie mani brutte / che per vent’anni / hanno sollevato / sacchi e fasci di canapa / più grossi delle loro forze / e fatto migliaia / di nodi al giorno; le mie mani ruvide / che hanno gramolato il lino / in quel di Viserba / e sanguinavano; / le mie mani tozzotte / che hanno sfregato pavimenti, / sbattuto lenzuoli altrui, / fatto sfoglia, piada, tutto / e che per lusso / hanno anche ricamato / e ancora spunticchiano / calzini dei miei ragazzi; / le mie mani stanche / che la mattina / quando mi sveglio / non sono più buone / di chiudere il pugno.  

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Orrore di giornata

Gelosia, danaro,
la scimmia impazzita
uccide sua madre,
spella vivo un gatto 
così
per passare il tempo,
l’orrore di giornata
porta mille facce
nessuna sincera
tutte agghiaccianti,
il cuore diventa nodo gordiano,
ascolta e chiacchiera
prima di scendere in cortile
a stendere i panni,
poi rovesciare un mastello
pieno di sapone.
Adoro chi sa esistere
e non se ne da pena.

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Toti 662

Allora stabiliamo un paletto: tra Enrico e Giovanni Toti non c’è nessuna parentela, trattasi di semplice caso di omonimia. E’ bene precisare, perché Enrico Toti fu un valoroso eroe della prima guerra mondiale, malgrado la perdita di una gamba non arretrò di fronte all’austriaco e la leggenda vuole che si gettasse contro il nemico brandendo la sua stampella. Fu così che sacrificò la sua vita per la patria. Giovanni è più terra terra, presidente della Liguria, pare che se la sia magnata assieme a una schiera di accoliti spalmandola di Philadelphia. Come ha detto Bucci, sindaco di Genova, “Qui tutti chiedono qualcosa, mi sembra di dare da mangiare ai maiali” Meditate gente, meditate!

Facezia

Un senso di stagione nuova
pizzica la pelle
per arrivare al cuore
nella bellezza della sera.
.
Facezia è restare seduto
a snocciolar misteri
aspettando una pioggia
senza appuntamento.
.
Intanto la musica
di uno sconosciuto jazzista
virtuosa piroetta
senza avanzare di un passo.

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