A volte mi chiedo se gli illustrissimi facenti parte del Noto Obitorio Etilico, dopo avere glorificato una sciacquetta (e pure con tanto pelo sullo stomaco) si siano resi conto, magari anche con ritardo, che la Sig.ra “tu da stronzo mi svuoti” ha risciacquato roba vecchia di cinquanta/sessant’anni minimo, probabilmente ispirandosi – il verbo ispirare viene utilizzato per solidarietà con gli ultimi – a questa autrice cecoslovacca.
Se mi dici ancora una volta di scriverTi cinque o sei righe, Ti spacco la faccia senza emozioni sessuali di mezzo, amore mio, spero che dopo questa lettera la cosa Ti sia chiara. Oppure Ti manderò davvero sei righe e voglio vedere poi che faccia farai, qualche volta fa bene dare alla gente quel che chiede.
Naturalmente sono già di nuovo le tre, stanotte ho finito alle quattro, tratto il tempo in modo un po’ avventuristico.
Non considero però questa lettera una perdita di tempo, la considero addirittura come il miglior modo di impiegare il tempo di cui in questo momento sono capace. Tra l’altro avrai per un po’ qualcosa da leggere, peccato che non potrò essere presente, la sensazione sarebbe più grande per entrambi. Ti guarderei a tratti il volto e a tratti furtivamente il sesso, confidando pienamente che la lettura di questo elaborato si manifesti visibilmente su entrambi. (Jana Cernà)
NEL GIARDINO DEL PADRE MIO.
Andremo a cavalluccio
come quand’eravamo piccoli
come quand’eravamo grandi
Volare dentro un aeroplano
Volare dentro un letto
Non chiavo volentieri all’aria aperta
non mi riesce di allargare le gambe
E poi mi ci strusciano sopra i bruchi
Su questo modo di chiavare uscirà un
numero speciale dell’edizione della sera
su Lidové noviny ne tratterà un articolo di fondo
che avrà per titolo Fatelo come me
*
La scarpetta di cenerentola calza a pennello
Anche la mia fica
ma solo a qualcuno
Non però a uno solo
a te starebbe senz’altro bene
Le fiche si cuciono su misura
e al sarto gli si dice
Mi ci metta una fodera di seta
e non metta bottoni
tanto la porterò slacciata
Si cuciono quindi così
come la biancheria da uomo
*
Mi puoi leccare il culo
se la cosa ti arreca piacere
A me del resto pure
E’ venuto con i dolci capelli pettinati come un fanciullo
e abbiamo giocato a mamma e papà
Il papa però non era lui
e allora sono andata dal dottore
Fosse stato lui
ci sarei del resto andata lo stesso
*
Io gli dicevo fanciullo
mentre si muoveva al ritmo della marcia funebre
di una sonata di Chopin
E’ stata una cosa allegra
Ma più allegra è stata ‘
con Alla turca di Mozart
perché era da dietro
Se tu non fossi un buono a nulla
faresti lo stesso
Di mio marito non devi aver paura
è della tua stessa scuola
*
(…)
Clarissa – poiché questo è il nome che mi perseguita già da molti mesi – è diventata piano piano un essere reale.
Coperta dalle pustole di alcuni miei pessimi testi, si è ripulita l’epidermide con i miei sogni sulla perversione erotica di
un amante di alcuni anni più giovane di me. La peluria del suo sesso è diventata una matura foresta, appiccicaticcia ancora del sangue di una deflorazione precoce, permette ai bambini l’ingresso in luoghi altrimenti severamente vietati.
Clarissa, lasciandosi trasportare dal corpo del suo amante-bambino, bambino-amante, è diventata una creatura fantomatica i cui segni di bellezza immaginaria confinano con una routine sessuale. Del resto il suo amante va preso mortalmente sul serio – è infatti ancora un ragazzo – e, per il momento, non permette a Clarissa di ricordarglielo troppo. Si vergogna della propria giovinezza e della goffaggine con la quale le tocca le spalle, ancora inconsapevole
del fatto che sono splendide. Del resto per ora non ama Clarissa, ama solo il proprio amore per lei, la ama semplicemente in quanto lei è ciò che Picasso chiama “segno di donna”, è la sola cosa conoscibile per lui. Ce ne vorrà ancora prima che conosca Clarissa e che si innamori del suo corpo e delle sue agili dita, dalle quali, intanto, si lascia eccitare. Alla fin fine si vergogna anche della sua incapacità a eccitarsi e recita alla sua amante nel letto, notte dopo
notte, una commedia di tempestosi orgasmi.
Clarissa invece si è abbandonata a lui senza riserve e senza la solita freddezza. Lui è troppo giovane per non affascinare, troppo fresco per non essere inebriante. Clarissa, all’epoca del resto preda dell’alcol, si inebria molto facilmente del membro, le cui erezioni fanno intuire i primi turbamenti.
Battista – poiché così dentro di sé lo chiama – tenta di toccare i suoi seni con aria di uomo vissuto e il suo desiderio di
violentare arriva a fare di lui un amante attivo, lasciando che Clarissa compia la sua volontà – costringendola a violentarlo di nuovo a sua volta.
*
JANA CERNA’ – Scrittrice cecoslovacca, Jana Cernà (1928-1981) viene ricordata per le sue opere dalla forte valenza provocatoria, a tratti persino pornografica. Dopo aver vissuto una vita intensa – la madre fu deportata in un campo di concentramento quando aveva solo 11 anni e lì morì – morì a causa di un incidente stradale.
altre notizie sull’autrice:
https://it.wikipedia.org/wiki/Jana_%C4%8Cern%C3%A1