Remo Pagnanelli: Quasi un consuntivo (Donzelli, 2017)

Fresco di stampa il recupero, ed è importante che sia avvenuto, della poesia di Remo Pagnanelli, altrimenti destinata all’oblio o al culto di pochi conoscitori. Questo evento mi rende felice.

Per acquistarlo e per saperne di più:

https://www.donzelli.it/libro/9788868436858

Mia ombra mio doppio,
talvolta amico ma più spesso
straniero che mi infuria ostinato,
mio calco che nessuna malta riempie,
fantasma appena colto,
di te ho centinaia di fotogrammi
sfrenati dalle corse, trattenuti
nelle reti, mio ombrello protettivo
paratutto, già cieco già binomio d’altro,
convengo con te quel che segue.
Niente di umano scoperchia la follia.

*

Vorrei fare una lunga vacanza nella terra.
Mie notizie porterebbe il vetro del mare o qualche animale
dal mugugno impigliato nel trabocchetto del buio.
A chi volesse trasmigrerei nelle stagioni intermedie
il fresco dal mio sottocutaneo (la terra
si raffredda più presto del mare), risolto
nel minerale, spesso in simbiosi col vegetale,
assoggettato in altra specie dall’acqua che disperde,
in più sciolto da ogni esperimento di corporeità.

auguri amArgine: Levando Polvere con Cristina Annino

Cristina ha riletto il mio canto di Natale e l’ha musicato a suo modo. Così ci siamo scambiati gli auguri.

Levando polvere

Perché mi guardi?
Pensa all’osso tuo
e non temere i botti
coglioni della notte
santa, che sparirà
con loro, dormi.

Se quel vacuo nascere
fosse vero sarebbero
spine soltanto di pesce
adriatico andante, senza
mare né cielo celeste.

Guarda la famiglia
se l’ hai, vai magari
a una festa o invita
ma non scambiare mai
regali per mutande.

Fosse vero,
saresti dove?
come diresti Buon Natale
se l’arca ormai rovesciata
non spande più giustizia?

qui qualche notizia biografica su Cristina Annino

https://it.wikipedia.org/wiki/Cristina_Annino

qui è reperibile qualche notizia sul nuovo romanzo di Cristina Annino

https://www.ibs.it/conivenza-amorosa-libro-cristina-annino/e/9788879807685

mi chiamo Almerighi Secondo

Ero partigiano
stavo dalla parte giusta:
mi chiamo Almerighi Secondo,
finito da fuoco amico.

La mia guerra
terminò il giorno prima;
e non ho visto invecchiare
la madre di mio figlio.

Ho fatto il muratore, e so
cos’è avere male dappertutto
avere fame e poca speranza.
Fumare calce e qualche nazionale.

Tutto è una belva marina,
t’inghiotte più di una vendetta,
diventi Giobbe.

Fanne poesia nuova
e non si perda nulla
del dolore nel mio tempo.

(libero adattamento di una poesia di Danni Antonello)

specie nel 1944

nel cuore della notte in territorio nemico,
specie nel 1944, la temperatura
può essere più fredda, l’anima dura
porta alla rappresaglia:
per te, che hai visto la guerra solo al cinema,
quel che è stato è già dimenticato?

il fascismo non sta tornando,
è che non se ne è mai andato

non guardare non c’è preavviso
ci siamo persi nella traiettoria
di un colpo preciso, nulla del cecchino
porta un seme, il progetto
di una vita nuova, spegnere
salvarsi, ogni bicicletta requisita
è tesoro da nascondere

specie sotto il materasso
fingendo una morte per febbre
e tormento, se il nemico la trova
sei morto e nessuno al mondo,
nemmeno tua madre, potrà salvarti dall’ira
di una scelta opposta

*

letture amArgine: In culo oggi no di Jana Cerna’

A volte mi chiedo se gli illustrissimi facenti parte del Noto Obitorio Etilico, dopo avere glorificato una sciacquetta (e pure con tanto pelo sullo stomaco) si siano resi conto, magari anche con ritardo, che la Sig.ra “tu da stronzo mi svuoti” ha risciacquato roba vecchia di cinquanta/sessant’anni minimo, probabilmente ispirandosi – il verbo ispirare viene utilizzato per solidarietà con gli ultimi – a questa autrice cecoslovacca.

Se mi dici ancora una volta di scriverTi cinque o sei righe, Ti spacco la faccia senza emozioni sessuali di mezzo, amore mio, spero che dopo questa lettera la cosa Ti sia chiara. Oppure Ti manderò davvero sei righe e voglio vedere poi che faccia farai, qualche volta fa bene dare alla gente quel che chiede.
Naturalmente sono già di nuovo le tre, stanotte ho finito alle quattro, tratto il tempo in modo un po’ avventuristico.
Non considero però questa lettera una perdita di tempo, la considero addirittura come il miglior modo di impiegare il tempo di cui in questo momento sono capace. Tra l’altro avrai per un po’ qualcosa da leggere, peccato che non potrò essere presente, la sensazione sarebbe più grande per entrambi. Ti guarderei a tratti il volto e a tratti furtivamente il sesso, confidando pienamente che la lettura di questo elaborato si manifesti visibilmente su entrambi. (Jana Cernà)

NEL GIARDINO DEL PADRE MIO.

Andremo a cavalluccio
come quand’eravamo piccoli
come quand’eravamo grandi

Volare dentro un aeroplano
Volare dentro un letto

Non chiavo volentieri all’aria aperta
non mi riesce di allargare le gambe

E poi mi ci strusciano sopra i bruchi

Su questo modo di chiavare uscirà un
numero speciale dell’edizione della sera
su Lidové noviny ne tratterà un articolo di fondo
che avrà per titolo Fatelo come me

*

La scarpetta di cenerentola calza a pennello

Anche la mia fica
ma solo a qualcuno

Non però a uno solo
a te starebbe senz’altro bene

Le fiche si cuciono su misura
e al sarto gli si dice
Mi ci metta una fodera di seta
e non metta bottoni
tanto la porterò slacciata

Si cuciono quindi così
come la biancheria da uomo

*

Mi puoi leccare il culo
se la cosa ti arreca piacere

A me del resto pure

E’ venuto con i dolci capelli pettinati come un fanciullo
e abbiamo giocato a mamma e papà

Il papa però non era lui
e allora sono andata dal dottore

Fosse stato lui
ci sarei del resto andata lo stesso

*

Io gli dicevo fanciullo
mentre si muoveva al ritmo della marcia funebre
di una sonata di Chopin

E’ stata una cosa allegra

Ma più allegra è stata ‘
con Alla turca di Mozart
perché era da dietro

Se tu non fossi un buono a nulla
faresti lo stesso

Di mio marito non devi aver paura
è della tua stessa scuola

*
(…)
Clarissa – poiché questo è il nome che mi perseguita già da molti mesi – è diventata piano piano un essere reale.
Coperta dalle pustole di alcuni miei pessimi testi, si è ripulita l’epidermide con i miei sogni sulla perversione erotica di
un amante di alcuni anni più giovane di me. La peluria del suo sesso è diventata una matura foresta, appiccicaticcia ancora del sangue di una deflorazione precoce, permette ai bambini l’ingresso in luoghi altrimenti severamente vietati.
Clarissa, lasciandosi trasportare dal corpo del suo amante-bambino, bambino-amante, è diventata una creatura fantomatica i cui segni di bellezza immaginaria confinano con una routine sessuale. Del resto il suo amante va preso mortalmente sul serio – è infatti ancora un ragazzo – e, per il momento, non permette a Clarissa di ricordarglielo troppo. Si vergogna della propria giovinezza e della goffaggine con la quale le tocca le spalle, ancora inconsapevole
del fatto che sono splendide. Del resto per ora non ama Clarissa, ama solo il proprio amore per lei, la ama semplicemente in quanto lei è ciò che Picasso chiama “segno di donna”, è la sola cosa conoscibile per lui. Ce ne vorrà ancora prima che conosca Clarissa e che si innamori del suo corpo e delle sue agili dita, dalle quali, intanto, si lascia eccitare. Alla fin fine si vergogna anche della sua incapacità a eccitarsi e recita alla sua amante nel letto, notte dopo
notte, una commedia di tempestosi orgasmi.
Clarissa invece si è abbandonata a lui senza riserve e senza la solita freddezza. Lui è troppo giovane per non affascinare, troppo fresco per non essere inebriante. Clarissa, all’epoca del resto preda dell’alcol, si inebria molto facilmente del membro, le cui erezioni fanno intuire i primi turbamenti.
Battista – poiché così dentro di sé lo chiama – tenta di toccare i suoi seni con aria di uomo vissuto e il suo desiderio di
violentare arriva a fare di lui un amante attivo, lasciando che Clarissa compia la sua volontà – costringendola a violentarlo di nuovo a sua volta.

*
JANA CERNA’ – Scrittrice cecoslovacca, Jana Cernà (1928-1981) viene ricordata per le sue opere dalla forte valenza provocatoria, a tratti persino pornografica. Dopo aver vissuto una vita intensa – la madre fu deportata in un campo di concentramento quando aveva solo 11 anni e lì morì – morì a causa di un incidente stradale.

altre notizie sull’autrice:
https://it.wikipedia.org/wiki/Jana_%C4%8Cern%C3%A1

manchi Steve

Oggi Santo Stefano, sarebbe l’onomastico di Steve, il mio amatissimo cugino che questo 2017 ha deciso di portarsi via. Manchi Steve, ogni giorno!

sulle foglie della tenuta di Ba

mi portano la notizia:
è morto Almerighi.
Firma qua
è per la cremazione.

Mi siedo, qualche singhiozzo
mi sfugge tra capo e collo,
(prassi)
scusami.

Qualcosa si vorrebbe evitare,
ma la scelta definitiva sta
fra prostata e polmoni.

Dunque risorgeremo,
da qualche parte prima o poi
me lo segno.

Jim Morrison è vivo, scrive poesie
sulle foglie della tenuta di Ba,
lasciamolo divertire
non è liceo classico

fosse vero

E tu perché mi guardi?
Pensa al tuo osso
e non aver paura
dei coglioni coi botti,
la santa notte
passa in fretta, dormi.

Natale, fosse vero,
sarebbe tutte spine
più del pesce magro
cresciuto in Adriatico
ch’è sempre meno azzurro.

Godi la famiglia
quando ne hai una,
vai a una festa
quando c’è l’invito
e non aspettare domani
per due mutande nuove.

Natale, fosse vero,
non saresti qui,
e non diresti Buon Natale
dentro un’arca rovesciata
senza più giustizia.

letture amArgine: quattro poesie di Maria Allo

C’è nella poesia di Maria Allo molto suono, clangore di sensi e significati. Ognuno di questi porta a un luogo indefinito ma esistente, dentro l’autrice stessa. La sua Poesia, sì scriviamolo con la P maiuscola, è un mezzo per creare modi e strade per raggiungere questo luogo, così vicino e così lontano. Tutta la ricerca poetica di questa bravissima autrice, a mio modesto avviso, è la ricerca di quella persona con cui convive da sempre e che, da sempre, sta cercando di raggiungere. C’è molta bellezza in tutta questa determinazione. (Flavio Almerighi)

E’ accaduto.
Eri il confine furioso in volo
sulle fiamme dei miei seni
a tratti un colpo di luce pronto ad accecarmi.
Ora cigoli come pioggia di versi
sulla roccia incandescente
io doppia cenere di lava
come limo di bacche
nuda su pentagrammi in cerchio
cerco le parole per dirlo.
Il resto lo fa il temporale di Aprile
un essere voler essere che in te si intreccia
con cortecce prive di foglie
per mancanza di luce mai finita.
Ma tu sei in ogni cosa .
Nel silenzio che rischiara
come nebbia più nuda del mare
o nel sangue di un tralcio di vite che spiove
più oltre come fosse morire.
Conosci gli occhi della luna
e di tutti gli orizzonti quel fragore .
Da te ho appreso Il coraggio del resistere
ogni parola umana nella veglia.

*

Lasciami parlare del mare e dei suoi abissi
si fa luce nelle sue trasparenze
come i ricordi o ciò che manca
-vedi -resta questa gola insabbiata
un foro dentro il petto
con sterpaglie in tutte le stagioni.
Lasciami parlare della notte quando si raggruma
sulle tempie e sul tuo nome
allora mi rischiari e resti dentro questa carne
strappando l’ombra e la distanza che avvicina il cielo.
Lasciami il tuo coraggio arato sulle labbra
custodisce e abbraccia i confini del mare
come la memoria che resta e si trasmuta .

*

Non sai cosa vuol dire avere un dolore misurato
palpebre chiuse alla luce del mattino
a poco a poco abbandonata al tempo
per un lavoro che oggi ha solo spine.
Non sai cosa vuol dire sentirti straniera
sul ciglio di un cedro finché si radica il silenzio
con suoni distanti per la marea che sale
e tra le pietre ogni cosa accade.
Non sai che l’isola ha il sapore delle sorbe rosse
che mettono radici sulle ali del maestrale
e venano di crepe la fragranza della terra
senza bisogno di capire la distanza che divide
l’amore e la sua lingua antica nei dettagli indecifrabili
del mare.

*
Il mattino ha la grazia delle origini
su radici che esigono attenzione .
Lode ovunque
all’ansia pronunciata a bassa voce
nel più lieve dei gesti come il caffè con i colleghi
alla materia che non dissolve la memoria .
Giorno dopo giorno ci attendono
le regole del mondo
l’ombra scolpita sulle foglie
la forma nuova nella luce che si spande
il coraggio obliquo di chi non cede
la vita da proteggere in questo luogo
florilegio di suoni umani
da conservare così in cielo come in terra.

© Maria Allo


Maria Allo, poetessa e traduttrice, è laureata in Lettere classiche, insegna nei Licei . Si occupa di Islamistica e di Nuove professioni educative .Ha al suo attivo diverse pubblicazioni antologiche, quattro sillogi di poesia e “Talenti di donna “ ( Onirica edizioni), un progetto di Gloria Gaetano sull’identità femminile. Attraverso lo strumento del digitale, le sue frequentazioni poetiche, storico e letterarie, soprattutto quelle poetiche, si manifestano, a partire dal suo blog “nugae11”o nei siti in cui è ospitata.

senza più polvere

La persiana incisa di stagioni perde smalto,
mettila a coppi entrino umori e penombra
senza farsi sentire, la mano fa male

il fastidio di sole tarda a venire,
ma sa accarezzare fin dove arrivano
i tuoi capelli.

Il tempo è già passato, gira lo sguardo
non già per fare l’amore,
un mare di tempo solo per tramontare

incontra il profumo di fiori mai più visti
senza rumori di cantiere
senza più polvere.
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