Parafrasando lo spot di una nota multinazionale casearia tedesca, questa potrebbe essere la sintesi di quanto sta succedendo alla Grecia. I greci, levantini per autonomasia, hanno la scaltrezza nel Dna fin dai tempi di Ulisse. La loro classe politica è l’unica al mondo che, per paraculaggine e corruzione può guardare quella italiana dall’alto al basso.
Insomma, per entrare nell’euro, credendo di fare un affare e starsene a rimorchio dei paesi più ricchi, i politici greci hanno truccato i bilanci, roba tipo quelle che faceva il rag. Tonna per la Parmalat di Calisto Tanzi. La Passione alla Greca è deflagrata con la crisi del 2008, quando l’amara verità è venuta fuori. La Grecia era già precipitata nel baratro da tempo. Lo sforzo economico e corruttivo sostenuto per le olimpiadi di Atene ha rappresentato la fuga del cavallo morto.
A quel punto è subentrato un trio, composto da Commissione Europea, Bce e Fondo Monetario, pensando di poter risolvere il problema del debito greco a colpi di “riforme strutturali”.
Capiamoci, se consultiamo un vocabolario scopriremo che “riformare” in politica significa migliorare dall’interno un sistema o una struttura non più adeguata e a rischio di provocare sovvertimenti sociali. In effetti il passaggio da monarchia a repubblica nel 1946 in Italia, con tanto di referendum, segnò una profonda riforma del sistema di governo. Oggi il termine riforma viene utilizzato impropriamente, per definire “riforme” cose che sono tutto meno che riforme.
Aumentare esponenzialmente le tasse e l’iva per farle pagare ai lavoratori dipendenti e ai pensionati non è una riforma è un “inasprimento fiscale”.
Aumentare l’età pensionabile e diminuire l’assegno, salvando gli assegni più cospicui e i trattamenti di favore o pensioni d’oro e altri privilegi, non è una riforma è un’ “ingiustizia”.
Privatizzare beni comuni come le compagnie elettrice, telefoniche, i terreni demaniali, addirittura l’acqua malgrado un referendum abbia stabilito il contrario, non è una riforma è un “furto”.
La Merkel li chiama “compiti a casa”, Renzi le chiama “riforme”, sta di fatto che Tsipras e la Grecia, solo per avere blandamente contrastato i voleri della Germania e dei suoi satelliti del Nord, pagheranno tutto e pagheranno caro, quando invece la grande imputata di tutta questa tragicommedia doveva essere unicamente la classe politica greca degli ultimi 15 anni, gentaglia da far marcire in galera. Dei 300 miliardi ricevuti dalla Grecia fin qui, 30 sono andati ai greci, 270 sono finiti in banche svizzere o in paradisi fiscali. La trojka sta per tornare ad Atene e farà di nuovo danno come negli anni passati. Per la Grecia, un paese devastato, ci vogliono un piano Marshall e meno pugnette condite con parole tipo “solidarietà” e “riforme”.
Sì, sì, Merkel: passione alla Greca, fate l’amore con la culona…