Bologna: 2 agosto 1980 vi prego non dimenticate

la verità non si è mai saputa

(a Mirella Fornasari 1944-1980)

Pensi, sono un incanto
il Dodici partirò,
pensi, torno al mare
col vestitino color sabbia
sandali nuovi, pensi
sarò mimesi d’agosto

sembri un bambina
ginocchia sbucciate,
nessun timore a mostrare
di che pasta sono
le tue mutande, ora
come incendio splendi.

Serena e pensosa
la faccia distrutta
sarà dimostrazione
e materia di laurea
la verità, Mirella
non si è mai saputa.

A una delle tante vittime della strage alla stazione, vi prego non dimenticate.

calda

La lingua scava dalle tue bocche
sapore di coloniali e pioggia,
un loggiato di rondini sedotte
pronte a tutto pur di essere
sollevate dal giusto abbraccio.

I polsi afferrati, pronti
a farsi prendere con dolcezza
finalmente voluta, libera.

Cessa ogni focolaio di resistenza,
niente può tornare alla sorgente,
ma fluire orgoglioso, mistico puro
verso il mare caldo

cui lanciare l’ultimo sguardo,
il più bello
per rivedersi e morire.

d’organza e armonia

Da quali strane creature
ho affittato la sera!
Sale di stelle
e gioie di pregio
fino a notte fonda
senza festività da abolire.

Una sorta di diva etrusca
creduta morta,
la sposa è bellissima
col suo strascico sottile
d’organza e armonia.

Fa caso ai notturni
perfetti per dire,
la luna
non suona a orecchio,
al fare penserai domani.

Merkel: Passione alla Greca

Parafrasando lo spot di una nota multinazionale casearia tedesca, questa potrebbe essere la sintesi di quanto sta succedendo alla Grecia. I greci, levantini per autonomasia, hanno la scaltrezza nel Dna fin dai tempi di Ulisse. La loro classe politica è l’unica al mondo che, per paraculaggine e corruzione può guardare quella italiana dall’alto al basso.

Insomma, per entrare nell’euro, credendo di fare un affare e starsene a rimorchio dei paesi più ricchi, i politici greci hanno truccato i bilanci, roba tipo quelle che faceva il rag. Tonna per la Parmalat di Calisto Tanzi. La Passione alla Greca è deflagrata con la crisi del 2008, quando l’amara verità è venuta fuori. La Grecia era già precipitata nel baratro da tempo. Lo sforzo economico e corruttivo sostenuto per le olimpiadi di Atene ha rappresentato la fuga del cavallo morto.

A quel punto è subentrato un trio, composto da Commissione Europea, Bce e Fondo Monetario, pensando di poter risolvere il problema del debito greco a colpi di “riforme strutturali”.

Capiamoci, se consultiamo un vocabolario scopriremo che “riformare” in politica significa migliorare dall’interno un sistema o una struttura non più adeguata e a rischio di provocare sovvertimenti sociali. In effetti il passaggio da monarchia a repubblica nel 1946 in Italia, con tanto di referendum, segnò una profonda riforma del sistema di governo. Oggi il termine riforma viene utilizzato impropriamente, per definire “riforme” cose che sono tutto meno che riforme.

Aumentare esponenzialmente le tasse e l’iva per farle pagare ai lavoratori dipendenti e ai pensionati non è una riforma è un “inasprimento fiscale”.

Aumentare l’età pensionabile e diminuire l’assegno, salvando gli assegni più cospicui e i trattamenti di favore o pensioni d’oro e altri privilegi, non è una riforma è un’ “ingiustizia”.

Privatizzare beni comuni come le compagnie elettrice, telefoniche, i terreni demaniali, addirittura l’acqua malgrado un referendum abbia stabilito il contrario, non è una riforma è un “furto”.

La Merkel li chiama “compiti a casa”, Renzi le chiama “riforme”, sta di fatto che Tsipras e la Grecia, solo per avere blandamente contrastato i voleri della Germania e dei suoi satelliti del Nord, pagheranno tutto e pagheranno caro, quando invece la grande imputata di tutta questa tragicommedia doveva essere unicamente la classe politica greca degli ultimi 15 anni, gentaglia da far marcire in galera. Dei 300 miliardi ricevuti dalla Grecia fin qui, 30 sono andati ai greci, 270 sono finiti in banche svizzere o in paradisi fiscali. La trojka sta per tornare ad Atene e farà di nuovo danno come negli anni passati. Per la Grecia, un paese devastato, ci vogliono un piano Marshall e meno pugnette condite con parole tipo “solidarietà” e “riforme”.

Sì, sì, Merkel: passione alla Greca, fate l’amore con la culona…

Splendida precarietà

Il treno fa ingresso trionfale
a passo da parata in Monselice,
splendida precarietà!

Fermo restando il comitato d’accoglienza
per lo più composto
da uno stuolo di viaggiatori
diretti in senso opposto,
fermi per partire.

Appassite le dita di rosa
fino all’ultima,
il sole picchietta d’ordinanza
non so più cosa mi rimanga in ombra
cosa no, vorrei dormire.

Pessoa, informato sui fatti,
osserva il mondo da una maglietta
sempre in guardia.

complicità

La mitezza gravida del mondo
prontissima a mordere,
amerai la donna tua come te stesso
con tutto il cuore, l’anima, eccetera

l’occhio vuole il suo parterre
di riflesso abbatte
formalità tulle estive
troppo corte per la fantasia

un vecchio porco mi guardava,
sono illesa giuro, lui no
e via chiacchierando
con chi dall’altra parte,

troppo lontano per ascoltare

bassa ravennate

bassa ravennate non mi risparmi
guardo oltre per vedere il mare,
perdermi così
docile alla calura

lontano sempre e ovunque
non so dove posarmi,
tutti identici i pali
dell’elettrificazione rurale

niente segni di sofferenza,
come gli animali,
una lacrima si ostina a spuntare
sarà stato il caldo

coraggio da passero

1940 giorno di pioggia,
finito il mondo
in rotta la primavera
fragranze di colazione
ristagnano per ore,

della patria smossa
salvo imprevisti
sopravvivono donne,
nude come il giorno
illuse di finte fughe

gli uomini, morti tutti
vertebre addormentate,
non hanno programmi
inventano distrazioni
si vorrebbero giovani

ma dissipato tutto,
coraggio da passero
è avvicinarsi e beccare

di sette mattine

Di sette mattine
cinque sono sbagliate
due superflue.

I pomeriggi passati infiniti
al presente col fiato corto,
Auschwitz è più essenziale
il sudamerica un’illusione.

La sera grandina pietre dure,
si deve assecondare
l’arte dell’ergastolano
attingere sonno
da programmi in replica.