Zone Bianche 60: massime e minime sul vairus (e ultima puntata)

“Le persone credono a ciò che desiderano. Tutti desideriamo che arrivi un farmaco che scacci questa malattia e tutti vorrebbero avere questa buona notizia. La buona notizia però non arriverà dai social media, arriverà dalle autorità.” Roberto Burioni (in poche parole il classico ognuno per sé e Dio per tutti)

 

“Andrà tutto bene” Anonimo (mettetevi un dito in culo e la vita vi sorriderà)

 

“Dopo il coronavirus non saremo migliori. Gli uomini non imparano, dimenticano.” Francesco Guccini (oh, non c’è dubbio che l’uomo non discenda dalla scimmia ma dallo sciacallo)

 

“Il 2020 è stato un anno difficilissimo che non dimenticheremo. Il 2021 sia l’anno del riscatto.” Giuseppe Conte (sì, infatti Grisù dopo averti rapito chiede per il tuo rilascio un’ingente somma di danaro)

 

“Dopo? Sarà bellissimo… E quel dopo arriverà presto.” (Sinisa Mihajlovic dopo essersi sparato l’ultima puntina di LSD)

 

“La verità è che le persone perbene, anche se esasperate, sono rimaste persone perbene. Gli altri facevano schifo già da prima. La crisi non trasforma, rivela.” Selvaggia Lucarelli (‘nfatti)

 

“Se restiamo dentro, ne usciamo fuori.” Giuseppe Conte (disse la vacca al mulo, domani cago duro)

 

“Non facciamo cose stupide, sacrifichiamoci un attimo, e il sacrificio è di tutti.” Chiara Ferragni (sì, col cazzo…)

 

“Non ce n’è coviddi” Angela da Mondello (chi se lo è sucato?)

Bach: Concerto in D Minor, BWV 974 – 2. Adagio con poesie di Alicia Ostriker.

ASSOLO DI RACHELE
 
 
Non per farti arrabbiare, ma solo per essere pari
Papà, ti dirò addio,
caricherò il cammello con le mie cose
e prenderò anche i tuoi idoli protettori,
e se verrai a cercarli
paonazzo per l’indignazione,
io sarò seduta sopra le tue statuette
e farò buon uso di un cattivo tabù.
Papà, dirò, perdonami ma
ho il mio mese; non interpretare male
questo mio non alzarmi… e tu
indietreggerai con orrore. Ecco quello che farò.
 
*
 
LA CLASSE
.
Diciamo cose in questa classe. Tipo perché fa male.
Ma quello che dicono fuori dalla classe è diverso; peggiore.
L’insegnante sente storie dalla zona dei combattimenti
dove i ragazzini vivono, reclutati alla nascita,
in case dinamitate. Come tutti gli arruolati,
hanno un lavoro, la sopravvivenza,
e si permettono qualche battuta.
Come mio padre si dà al bere…
e mia madre
. Nel mio ufficio un divano,
libri, stampe, disordine sul tavolo.
Tutto pagato, scelto, loro lo sanno.
Mi sono iscritta a un programma di riabilitazione dalla droga
Lo so che sono anoressica o Quel figlio di puttana
mi ha violentata per anni e adesso
sono così spaventata per la mia sorellina
ma lei si rifiuta di parlare con me
.
I loro occhi nervosi scivolano sulle poesie stampate
che gli do, ma niente resta davvero –
lo studente nero dilaniato dalla sua lealtà
la cui spacconeria si rompe come una stringa
per l’insulto dell’uomo delle pulizie, fottuto Oreo*.
Il batterista omosessuale che batte
una melodia sul ginocchio, agitando le sopracciglia alla Groucho.
Ehi, devi conoscere presto la mia mamma,
perché quando glielo dico, le verrà un colpo
.
Abuso, tentato suicidio, incesto,
pazzia, queste sono storie comuni,
questo è combattimento strada per strada
eppure questi ragazzini sono privilegiati.
Mangiano.
Hanno i loro letti, e vanno al college.
Il lavoro dell’insegnante è dare loro il permesso
di convogliare il dolore in linguaggio, di insistere
che i critici sbagliano, che gli altri professori sbagliano
loro che descrivono un’arte separabile dalla bruttura,
dalla marcia vita. Devi
assolutamente, devi scriverlo. Cosa diavolo
pensi che abbia fatto Emily, e Walt, e Hart,
e Bill, e Sylvia. Scrivi per te stesso,
scrivi per quelli che sono ridotti al silenzio,
scrivi di ciò che ti fa aver paura di scrivere.
L’insegnante odia il lavoro. Le piacerebbe rendere
l’aula una tappa in un pellegrinaggio,
la poesia stessa un luogo sicuro
tra schiavitù e libertà.
Dal momento che è impossibile,
dal momento che “libertà” è un’altra parola
come “piede” e “caviglia” per un amputato,
l’insegnante li aiuta a discendere all’inferno,
dove lei non li può raggiungere, dove i libri sono cenere,
dove il linguaggio sono geroglifici scolpiti su muri
trasudanti melma, che dovranno cercare con la mano
nella bruma fumante, mentre la frusta gli spezza le schiene.
Scriveranno di questo, o niente.
Contro ogni evidenza, l’insegnante crede che
la poesia guarisca, o riscatti la sofferenza,
se riusciamo a entrare nella sua casa di giustizia.
Forse non è il poeta che è guarito,
ma qualcun altro, anni dopo.
L’insegnante dice a se stessa che la verità è potente.
Grande è la verità, e forte su tutte le cose.
Anche se non lo direbbe mai in classe.
 
*
 
APRILE
 
Gli ottimisti tra noi
coraggio perché è primavera
salta questo passaggio
partecipare alle loro riunioni
firmando le loro petizioni via e-mail
marciando con i loro segni satirici
cantando le loro canzoni supereremo
postando i loro pungenti twitter e blog
credere in un mondo migliore
senza una buona ragione
li invidio
disse la vecchia
 
Le stagioni girano loro
andare in giro
disse il tulipano
ballando tra i suoi amici
nel loro letto marrone al sole
nella brezza d’aprile
sotto un baldacchino d’acero
anche quello stava ballando
solo con movimenti maggiori
gettare ombre più grandi
e l’erba
appena mescolando
 
Che concerto
di buona puzza disse il cane
trottare lungo Riverside Drive
nel primo pomeriggio di primavera
annusando in questo modo e in quello
che gratificanti i violoncelli del fiume
le tube del traffico
i tromboni
degli olmi foglianti con il legato
della piscia dei miei rivali ai loro piedi
e la carne e il grasso avanzati
cantando in tutti i cestini
 
******************
 
Alicia Suskin Ostriker (nata l’11 novembre 1937) è una poetessa e studiosa americana. È stata definita da Progressive “la poetessa più fieramente onesta d’America” . Inoltre, è stata una delle prime poetesse in America a scrivere e pubblicare poesie che trattano il tema della maternità. Nel 2015 è stata eletta Cancelliere dell’Academy of American Poets. Nel 2018 è stata nominata Poeta Laureato dello Stato di New York.
 

 

Abbiamo rubato sabbia ai nuotatori

Il limite tracciato
va attraversato con la moneta in bocca.
Sappiamo bene, anzi meglio,
che i clandestini vengono gettati a mare
ai pesci, alle ortiche pensandoli concimi
di natura chimica e intellettuale.
.
Abbiamo rubato sabbia ai nuotatori,
come si fa con le caramelle dei bambini,
integri nella più arcigna pena
che si svolge ogni giorno, libro aperto
con cui venti del tutto ignari giocano.
Mai pagine girarono più splendidamente.
.
Spero che queste poche righe
t’abbiano attraversato, come il treno
quando sfoggia durezza forzando un igloo:
che poi fermano traffico e viaggiatori
in attesa del magistrato stordito
che ordini la rimozione della salma.

*

Cantare d’amore – Amedeo Minghi (parole di Pasquale Panella)

Come una finzione non del sangue ma del rosso
Acqua e sale e non le lacrime assaggiai
Arsure come di battaglia
Di comparse, fuoco e paglia
Ed i cuori son cavalli scossi in noi
Amarsi è come andare in fuga
E cosa ho fatto, cosa ho detto mai
.
Non è la verità
Che più la dici e più la dici mai
È l’illusione mia che è vera
.
E che scorre fiera tra le dita della vita
Passa il suono e belle immagini di noi
Meravigliosa confusione
Tra i dialoghi e le pose
E ogni peso appassionato
.
È un soffio ma non la verità
Che è sempre un’altra storia ma non lei
Lei che tra i baci miei è d’amore
.
È improvvisazione
Non è vento e non è sole
Pioggia atroce meglio è che non ci sia
Amarsi è come arrampicarsi
Su uno schermo di illusione
E poi credere quell’edera realtà
.
È le bugie, ragazza mia
Il naso lungo e il gusto dell’addio
.
Non è la verità
Che più la dici e più la dici mai
È vita che non sai
Sarà che come me tu rivivrai
Quando l’amore mio ti canterò
.
E quando tutti i giuramenti
Fatti a te saranno inganni
Alla vita che stupita sbanderà
.
Amarsi è prima di capire
È rimbambire la ragione in noi
.
Non è la verità
Che più la dici e meno baci avrai
È l’illusione mia che è vera
.
E chi ama canta
Tra le voci della vita
L’acqua che si incontra col suo scialacquio
Oppure è meglio non cantare
Muti se non è d’amore
E qualcuno deve farlo
.
E sono io che ti canterò
E come in fuga nel tuo cuore andrò
.
Non è la verità
Che più la dici e più la dici mai
Perché cantare è
È d’amore
È d’amore
È d’amore

.

Zone Bianche 59

Eh, la solita acqua alla gola, facciamo finta che tutto va bene e interessiamoci al destino delle povere donne afghane così per distrarci un po’. Io non penso che, orchestrine a parte e visioni fasulle in stile Terezin, stessero così bene sotto i corrotti regimi filo occidentali. Volevamo esportare democrazia, abbiamo esportato vigliaccheria e corruzione. E’ un dato di fatto che tra aiuti militari ed economici, l’Afghanistan ha ricevuto negli anni centinaia di miliardi di dollari ma è rimasto un paese poverissimo, un sistema corrotto ha dirottato gran parte degli aiuti:  la corruzione e un sistema mal congegnato hanno contribuito al successo della coalizione guidata dai Talebani. Continuiamo dunque a illuderci, andrà tutto bene! Certo, come no? Il Governo Grisù sconfiggerà vairus e disoccupazione, l’Italia ritornerà a dettare la politica dei partner europei per il Mediterraneo, io mi fidanzerò con Charlize Theron, la Juve vincerà la Champions e a ogni asino spunteranno un paio d’ali con le quali voleranno in cielo. Avete cambiato spacciatore di recente che vedete soltanto allucinazioni, chimere, utopie e sogni?

Jon Batiste con poesie di Elio Pagliarani

A spiaggia non ci sono colori

A spiaggia non ci sono colori
la luce quando è intensa uguaglia
la sua assenza
perciò ogni presenza è smemorata e senza trauma
acquisita solitudine
Le parole hanno la sorte dei colori
disteso
sulla sabbia parla un altro
sulla sabbia supino con le mani
dietro la testa le parole vanno in alto
chi le insegue più
bocconi con le mani sotto il mento
le parole scendono rare
chi le collega più
sembra meglio ascoltare
in due
il tuo corpo e tu
ma il suono senza intervento è magma è mare
non ha senso ascoltare
Il mare è discreto il sole
non fa rumore
il mondo orizzontale è senza qualità
La sostanza
è sostanza indifferente
precede
la qualità disuguaglianza.

*

Se facessimo un conto delle cose

Se facessimo un conto delle cose
che non tornano, come quella lampada
fulminata nell’atrio alla stazione
e il commiato allo scuro, avremmo allora
già perso, e il secolo altra luce esplode
che può farsi per noi definitiva.
Ma se ha forza incisiva sulla nostra
corteccia questa pioggia nel parco
da scavare una memoria – compresente
il piano d’assedio cittadino in tutto il quadrilatero
e curiosi dei pappagalli un imbarazzo
ci rende, per un attimo, dicendoti dei fili di tabacco
che hai sul labbro, e perfino una scoperta
abbiamo riserbata: anche a te piace
camminare? (e te non stanca? che porti
tacchi alti, polsi, giunture fragili
che il mio braccio trova a fianco,
il tuo fianco, le mani provate sopra i tasti
milanese signorina)
se ci pare che quadri tutto questo
con l’anagrafe e il mestiere, non il minimo buonsenso
un taxi se piove separé da Motta
Ginepro e Patria  poltrone alla prima
ci rimane, o dignità, se abbiamo solo in testa
svariate idee d’amore e d’ingiustizia.

*

Rudi e Aldo l’estate del ‘49

Rudi e Aldo l’estate del’49 fecero lo stesso
mestiere l’animatore
di balli sull’Adriatico, Aldo in un Grand Hotel
rifatto a mezzo e già sull’orlo
del fallimento, che fallì in agosto sul più bello, lui
forse non sa nemmeno ballare
aveva successo il locale di fronte al suo, Miramare.
Rudi su un’altra spiaggia popolare
dà inizio alla ballata.
E’ bello? Può essere bello in
Romagna chi bacia la mano
l’anno dopo del ’48, attacca bottone con gli
ambulanti di bomboloni e
gli intellettuali indigeni meno indigenti, non lascia
senza sorriso carezza o pacca ogni ragazza per strada
conforme ai gusti di quella? E’ bello
come un uomo sobrio, di modo che quando per la
Festa dei pazzi si traveste da donna
non lo prendono per pederasta ma lo sfottono con
più gusto.
E’ servizievole: porta pacchetti a tutte le capitane,
ci gioca coi loro bimbi
approva i primi discorsi di Borsa dei padri. Ama
con tatto organizza “Una notte a Capri” le figlie
del macellaio
vennero con quattro corvi. Care ragazze, me le
ricordo nel ‘46
chiedersi al Teatro del Popolo se Emanuele Kant
era più Cristo di Cristo.
Il miliardario polveriere
grugnisce di piacere, Aldo applaude sapendo
che non gli tocca niente.

***

Elio Pagliarani – Viserba di Rimini maggio 1927, Roma marzo 2012.

 

Musica Proibita

“Questo ricordo che non ricorda nulla
è così forte in me!” Dino Campana.
.
Non ci sono ami per abboccare
un mattino assorto e silenzioso
dentro una pioggia fine,
pronta a snellire echi
tra realtà e percezione.
.
Un gatto rosso
controlla il suo perimetro:
per taluni l’America non c’è,
le loro vite valgono meno
di una moneta da banco.
.
Inutile piangere
il sangue già versato
su terre carsiche,
sparito per recapiti sconosciuti.
Ha lasciato silenzi pronti a confondere
il suono della montagna,
musica proibita
impercettibile a tutti.
.
Rivedo qui
i prodromi dell’esistenza
dentro un mare chiuso,
silenzioso e assorto come il mattino
che ci sta lasciando.
.
 
 

Marisa Anderson & William Tyler con una poesia di Catherine Pozzi

Vale
.
La grande amour que vous m’aviez donnée
Le vent des jours a rompu ses rayons ‒
Où fut la flamme, où fut la destinée,
Où nous étions, où par la main serrée
Nous nous tenions
.
Notre soleil, dont l’ardeur fut pensée
L’orbe pour nous de l’être sans second
Le second ciel d’une ȃme divisée
Le double exil où le double se fond
.
Son lieu pour vous apparaît cendre et crainte,
Vos yeux vers lui ne l’ont pas reconnu
L’astre enchanté qui portait hors d’atteinte
L’extrême instant de notre seule étreinte
Vers l’inconnu.
.
Mais le futur dont vous attendez vivre
Est moins présent que le bien disparu.
Toute vendange à la fin qu’il vous livre
Vous la boirez sans pouvoir être  qu’ivre
Du vin perdu.
.
J’ai retrouvé le céleste et sauvage
Le paradis où l’angoisse est désir.
Le haut passé qui grandit d’ȃge en ȃge
Il est mon corps et sera mon partage
Après mourir.
.
Quand dans un corps ma délice oubliée
Où fut ton nom, prendra forme de coeur
Je revivrai notre grande journée,
Et cette amour que je t’avais donnée
Pour la douleur.
.
Catherine Pozzi
.
*
.
Quasi addio
.
Il grande amore che mi hai dato
Il vento dei giorni l’ha mandato in frantumi ‒
Dove fu la fiamma, dove fu il destino,
Dove eravamo, dove per mano stretta
Noi stavamo
.
Il nostro sole, il cui ardore era pensato
Il mondo per noi di essere senza un secondo
Il secondo cielo di un’anima divisa
Doppio esilio dove il doppio si fonde
 
Il suo luogo per te appare cenere e paura,
I tuoi occhi verso di lui non l’hanno riconosciuto
La stella incantata che sviava lo sguardo
L’estremo istante del nostro unico abbraccio
Verso l’ignoto.
.
Ma il futuro che ti aspetti di vivere
È meno presente del bene scomparso.
Qualsiasi raccolto che alla fine ti porta
Lo berrai senza poter essere così ubriaco
Del vino perso.
.
Io ho ritrovato il celeste e selvaggio
Il paradiso dove l’angoscia è desiderio.
L’altisonante passato che cresce di età in età
È il mio corpo e sarà il mio senso
Dopo la morte.
.
Quando in un corpo la mia gioia dimenticata
Dove fu il tuo nome, prenderà la forma del cuore
Io rivivrò il nostro grande giorno,
E questo amore che ti ho dato
Per il dolore.
.
(trad. Giorgio Anelli)