CANTO DI BANCHISA
Gelide sono le acque.
Un uomo, solo nel suo kayak,
a caccia di foche, a pesca
pagaia tra muraglie di ghiaccio galleggianti.
Una parete incolore è l’omicidio,
un’altra il razzismo, un’altra l’odio,
un’altra è il moncone residuo
della lingua strappata dalla bocca
di un qualche eroe fondatore
diventato un incomprensibile balbuziente.
Il solitario in kayak deve vogare con grande fermezza.
Venti e correnti spingono gli uni contro gli altri
gli iceberg. Tutto ciò che naviga tra di loro
può essere annientato.
Dieci anni fa, l’uomo solo nel suo kayak
ha perso una gamba, maciullata,
divorata dai narvali.
No, non è lui, il solitario nel suo kayak,
ad aver perso la lingua.
Sì, è un uomo con una gamba sola.
Sì, nel vento che lo sovrasta
galleggia la sua testa, faro nell’imprevedibile,
tiepida nella tormenta di neve.
Egli vede la sua testa fluttuare lassù,
tendere gonfia ancora più in alto,
elevarsi là dove l’aria non gelida
è l’audacia di lontani mondi umani,
quelli dove si parla senza gridare,
quelli dove si ascolta senza sbraitare.
La sua testa là in alto si gonfia, calda,
trascinando con forza il suo kayak,
spingendolo alla velocità della vita,
la sua testa, emisfero libero dai tenui colori
che disegna mentre sale,
che dà forma salendo
al lungo filo flessibile o ruvido
creato dal canto della
voce profonda della donna coreana.
Anche noi potremmo seguire il filo scuro
di quel canto, dimenticare per sempre
quello delle sirene, seguire il filo,
poi srotolare il filo.
di Yves Bergeret, qui:
https://rebstein.wordpress.com/2019/06/20/canto-di-banchisa/
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NON GUARDI MAI
Non guardi mai quando mi vesto
non guardi nemmeno quando mi spoglio
non guardi…
hai detto poi: ma mi ami?
sì…non guardo perché ti amo
non guardo perché potrei morire
e se proprio lo vuoi sapere
sapere cosa?
sapere, eh, che cazzo…sapere…
questa sera non smetterei di telefonarti
questa sera non smetterei di leccartela
questa sera non smetterei di venderti
…beh, ti va bene, perché mi ci vorrebbero troppe sere
di Bruno Navoni, qui:
https://brunonavoni.wordpress.com/2019/02/12/non-guardi-mai/
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LA CASA TRA I BINARI
Caterina sognava di partire.
Io non l’ho conosciuta ma ne parlo
come se avessi visto la sua vita
quando prendeva il treno che restava
ma muoveva le ciglia
ed io vedevo l’oro e campi gialli
e l’aria che sentiva
vuota di cose e densa di calore
gli uccelli che calavano dal sole
il falco in alto
mosso dal suo vento
e muoveva i capelli Caterina
che non aveva un fazzoletto in testa
raccolta dietro un finestrino chiuso
e il paese
quando scendeva senza andare via
e case grigie viottoli di sassi
passi
le strade che saliva
e scendeva la madre
e le parole i nomi
Caterina odorava di qualcosa
che non conosco e i fiori sul balcone
dentro vasi di latta e paglia a terra
forse sentivo il peso della terra
quando lei ritornava sul sedile
da cui non s’era mossa e non guardava
oltre di là distante…
di Giovanni Baldaccini, qui:
https://scrivereperimmagini.wordpress.com/2019/06/01/la-casa-tra-i-binari/
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Radici (a Michele)
Tutte le parole che hai imparato,
ora, non le riconosci,
se ti parlo e non rispondi,
se ti chiamo in sogno e non vieni
Muove silenzio lo sperpero, ma, ancora, l’orecchio
non è allenato agli immani alfabeti dei morti.
Vienimi, se puoi,
dimmelo, come sai,
che hai spalancato radici all’unico Cielo possibile,
ma una, per attestata osmosi,
ti travasa ancora.
Come quando, a fianco,
una inconsapevole
consapevolezza.
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Nel paese delle pere mature gli uomini
si chiamavano Fritz e Heini, le donne tutte
Elsie. I cani li chiamavano gatto e i gatti
cane, non si sapeva perché, ma era sempre
stato così. Quando bevevano, facevano bere
gli animali insieme a loro e alla fine, nessuno
si ricordava più nulla. Si moriva piuttosto
giovani, ma sereni. La vita era stata tanto
leggera, perché la morte avrebbe dovuto
essere diversamente?
di Stefanie Golisch, inedita su web.
Ringrazio l’autrice per il suo saluto estivo.
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POESIA PER CHI NON CAPISCE LA POESIA
Metto in fila parole in modo irresponsabile
come una lista della spesa per non dimenticare
la pasta i biscotti il sapone un etto di prosciutto.
Tu le leggi mentre guidi contro mano
sgranocchiando i biscotti a forma di cuore.
La poesia percorre il senso vietato della vita.
All’inizio trovi un cartello: io non posso entrare
e sorridi perché non conosci un cane che legge le poesie.
Mi impari a memoria per non sbagliare strada.
Ci sono i lavori in corso
spezzano l’ultima rima e ti perdi
nel dedalo delle allitterazioni.
Ti ritrovi all’angolo di via Tasso con via Leopardi
e ti domandi come mai gli animali abbondino tra i poeti.
Il verso del tasso ti ha sempre incuriosito.
Il finale del componimento ti lascia perplesso:
è una strada senza uscita.
di lapoetessarossa, qui:
*
io danzerò come la polvere
quando incontra un raggio di luce
danzerò con me sul filo del tempo
e porterò sorridendo
questo corpo stanco tra le mani
danzerò
dentro gli occhi come la pioggia
scorrerò danzando come le lacrime
tu non dirmi che ho gli occhi ciechi
che non vedo il brutto del mondo, il suo male
danzerò anche sul fuoco della guerra
sul filo delle lame
sullo scintillio del sangue
danzerò sul tuo pianto
nella cenere che resta, danzerò
sopra il fumo, con piedi di paura danzerò
e invocherò, madre del dolore,
apri le tue mani, lascia libere le parole
dimmi che mi ami
ed io danzerò per te
sulle tue parole d’amore
danzerò con te
di Mariangela Ruggiu, qui:
https://giardinodeipoeti.wordpress.com/2019/06/23/mariangela-ruggiu/
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Per sempre
In soliloquio d’orbite
ci cattura il nostro sole
e vaghiamo
nella profonda quiete del noi.
Altri pianeti percorrono
il grande cielo mascherato d’eterno
e silenzioso
ma noi disconosciamo il tempo
intrecciando nel rotondo danzare
le nostre aritmiche melodie.
Pulviscoli di solitudine
– orfani di proprie gravità –
superano accanto bisbigliando
le loro scandalose profezie.
di Roberta Panizza, qui:
Fai clic per accedere a 2011_07_21_antonio_mencarini_traduce_per_sempre_di_roberta_panizza.pdf
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