(Amanda Palmer, Drowning in the sound – 2017/2019)
(Haim, Summer Girl – 2019)
(Patrizia Deitos, Olfattologia – 2019)
(Giovanni Truppi, L’unica oltre l’amore – 2019)
VOI NE AVETE QUALCHE NUOVA?
(Amanda Palmer, Drowning in the sound – 2017/2019)
(Haim, Summer Girl – 2019)
(Patrizia Deitos, Olfattologia – 2019)
(Giovanni Truppi, L’unica oltre l’amore – 2019)
VOI NE AVETE QUALCHE NUOVA?
Leo Férré durante un recital
Il poeta che non si sottomette è un uomo mutilato.
La poesia è un clamore e deve essere ascoltata come la musica.La poesia destinata ad essere soltanto letta e rinchiusa in veste.tipografica non è ultimata. Il senso le viene dato dalla corda vocale così come al violino viene dato dall’archetto.
Il riunirsi in mandrie è un segno dei tempi. Del nostro tempo.
Gli uomini che pensano in circolo hanno le idee curve.
Le società letterarie sono ancora la Società.
Il pensiero messo in comune è un pensiero comune.
Mozart è morto solo, accompagnato alla fossa comune da un cane e da dei fantasmi.
Renoir aveva le dita rovinate dai reumatismi.
Ravel aveva un tumore che gli risucchiò di colpo tutta la musica.
Beethoven era sordo.
Si dovette fare la questua per seppellire Bela Bartok.
Rutebeuf aveva fame.
Villon rubava per mangiare.
Tutti se ne fregano.
L’Arte non è un ufficio di antropometria. La Luce si accende solo sulle tombe.
Noi viviamo in un’epoca epica ma non abbiamo più niente di epico.
Si vende la musica come il sapone da barba. La stessa disperazione si vende, non resta che trovare la formula giusta.
Tutto è pronto: i capitali
La pubblicità
I clienti
Chi dunque inventerà la disperazione?
Con i nostri aerei che fregano il sole.
Con i nostri magnetofoni che si ricordano delle “voci ormai spente”, con le nostre anime ormeggiate in mezzo alla strada, noi siamo sull’orlo del vuoto, confezionati come carne in scatola, a veder passare le rivoluzioni.
Non dimenticate che l’ingombrante nella Morale, è che si tratta sempre della Morale degli Altri.
I canti più belli sono quelli di rivendicazione.
I versi devono fare l’amore nella testa dei popoli. Alla scuola della poesia non si impara: CI SI BATTE.
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Strana bestia Léo Ferré, forse più poeta che altro. L’ho ascoltato fin da giovane. Mi commuove, ho sempre amato i suoi lavori, la rabbia con cui cantava, impegno e ingegno di un uomo perduto. Buon ascolto.
GLI ANARCHICI
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
In gran parte spagnoli chi lo sa mai perché
Penseresti che in Spagna proprio non li capiscano
Sono gli anarchici
Han raccolto già tutto
Di insulti e battute
E più hanno gridato
Più hanno ancora fiato
Hanno chiuso nel petto
Un sogno disperato
E le anime corrose
Da idee favolose
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
Figli di troppo poco o di origine oscura
Non li si vede mai che quando fan paura
Sono gli anarchici
Mille volte son morti
Come è indifferente
Con l’amore nel pugno
Per troppo o per niente
Han gettato testardi
La vita alla malora
Ma hanno tanto colpito
Che colpiranno ancora
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
e se dai calci in culo c’è da incominciare
Chi è che scende per strada non lo dimenticare
Sono gli anarchici
Hanno bandiere nere
Sulla loro Speranza
E la malinconia
Per compagna di danza
Coltelli per tagliare
Il pane dell’Amicizia
E del sangue pulito
Per lavar la sporcizia
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
Stretti l’uno con l’altro e se in loro non credi
Li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi
Sono gli anarchici.
(traduzione Riccardo Venturi)
TESTO ORIGINALE
Y’en a pas un sur cent et pourtant ils existent
La plupart Espagnols allez savoir pourquoi
Faut croire qu’en Espagne on ne les comprend pas
Les anarchistes
Ils ont tout ramassé
Des beignes et des pavés
Ils ont gueulé si fort
Qu’ils peuv’nt gueuler encor
Ils ont le cœur devant
Et leurs rêves au mitan
Et puis l’âme toute rongée
Par des foutues idées
Y’en a pas un sur cent et pourtant ils existent
La plupart fils de rien ou bien fils de si peu
Qu’on ne les voit jamais que lorsqu’on a peur d’eux
Les anarchistes
Ils sont morts cent dix fois
Pour que dalle et pourquoi ?
Avec l’amour au poing
Sur la table ou sur rien
Avec l’air entêté
Qui fait le sang versé
Ils ont frappé si fort
Qu’ils peuv’nt frapper encor
Y’en a pas un sur cent et pourtant ils existent
Et s’il faut commencer par les coups d’ pied au cul
Faudrait pas oublier qu’ ça descend dans la rue
Les anarchistes
Ils ont un drapeau noir
En berne sur l’Espoir
Et la mélancolie
Pour traîner dans la vie
Des couteaux pour trancher
Le pain de l’Amitié
Et des armes rouillées
Pour ne pas oublier
Qu’y’en a pas un sur cent et qu’ pourtant ils existent
Et qu’ils se tiennent bien bras dessus bras dessous
Joyeux et c’est pour ça qu’ils sont toujours debout,
Les anarchistes.
Alcuni portano felicità ovunque vadano.
Altri quando se ne vanno. (Oscar Wilde)
Amore, indignazione.
Rischio di ripetizione
commuove sapere d’essere
in due di fronte al mondo.
Sorsi della capacità di un medinait
con ghiaccio, pari portata amore dolore
da smaltire indugiando
per dimenticare meglio.
Burrasca di rose, mentre ti guardo
amore buono.
Torna fra vent’anni, dicembre è lontano,
i capelli filano, la tinta è terminata.
La notte si sposta tutta immobile,
basterebbe sedersi senza ascoltare:
il tagliaerba reclama vendetta,
l’acqua ragia mente, la santità latita.
La mano in mano, sempre,
questo amore è stato luna, spettacolo,
non intendevo prassi
ma per sempre
DEDICATA A NELSON MANDELA, E A TUTTE QUELLE SPERANZE CHE IL TEMPO FOTTE.
IL GIORNO DI MANDELA
Sono passati venticinque anni da quando l’hanno portato via
Ora la libertà si avvicina ogni giorno
Asciugati le lacrime dagli occhi tristi
Dicono che Mandela e’ libero e allora esci
E’ il giorno di Mandela
Mandela e’ libero.
Venticinque anni fa proprio oggi
Chiuso tra quattro mura notte e giorno
Anche i bambini conoscono la storia di quell’uomo
E so cosa sta succedendo nella tua terra
Se le lacrime scorrono, asciugale
Sento il cuore che batte nel profondo
Venticinque anni l’hanno portato via
E ora il mondo dice che Nelson Mandela e’ libero
I soli che sorgono lo guidano sul suo cammino
Era venticinque anni fa proprio oggi
Da chi e’ fuori a tutti quelli ancora dentro diciamo
Mandela e’ libero
E’ il giorno di Mandela
Venticinque anni fa
cosa sta succedendo
sappiamo cosa sta succedendo.
TESTO ORIGINALE
It was 25 years they take that man away
Now the freedom moves in closer every day
Wipe the tears down from your saddened eyes
They say Mandela’s free so step outside
Oh oh oh oh Mandela day
Oh oh oh oh Mandela’s free
It was 25 years ago this very day
Held behind four walls all through night and day
Still the children know the story of that man
And I know what’s going on right through your land
25 years ago
Na na na na Mandela day
Oh oh oh Mandela’s free
If the tears are flowing wipe them from your face
I can feel his heartbeat moving deep inside
It was 25 years they took that man away
And now the world come down say Nelson Mandela’s free
Oh oh oh oh Mandela’s free
The rising suns sets Mandela on his way
Its been 25 years around this very day
From the one outside to the ones inside we say
Oh oh oh oh Mandela’s free
Oh oh oh set Mandela free
Na na na na Mandela day
Na na na na Mandela’s free
25 years ago
What’s going on
And we know what’s going on
Cos we know what’s going on
Perfect day
Ti scrivo in questa domenica pomeriggio di fine
agosto perché non so come riempire le ore, ho
già riempito tutte le ore dei giorni e delle stagioni,
conosco i loro sapori, colori, so che passano e
ritornano, so che io stessa passo e ritorno, conosco
i miei sapori, colori, so come la penso, come faccio
quando sto bene e quando sto male e quando sto
così così, il mio viso allo specchio dice eccoti e la
stessa cosa potrei dire anche io, ma preferisco lasciar
perdere e dedicarmi a quello che si è soliti fare davanti
allo specchio, cioè lavarsi i denti, truccarsi, struccarsi,
l’altro giorno, dopo molto tempo, ho dato un passaggio
a una ragazza e un ragazzo che stavano facendo
autostop, lei di ventun anni e lui di ventidue, ho
chiesto della loro età, ma non dei loro nomi, quindi,
purtroppo, non so come si chiamavano, il passaggio
non è durato molto, avrei voluto portarli a destinazione,
ma loro andavano in un’altra direzione, in montagna,
dove intendevano trascorrere le vacanze. I loro zaini
erano molto pesanti e loro piuttosto esili di statura,
erano belli senza saperlo e ho pensato che avrei
dovuto scrivere qualcosa per fissare la loro presenza
in quel giorno preciso che probabilmente loro
dimenticheranno, ma che non dovrebbe essere
dimenticato perché per tutti noi c’è stato quel
giorno e poi molti altri che hanno cancellato le
sue tracce e quando, per esempio, in una domenica
pomeriggio di fine agosto, si avrebbe davvero
bisogno di ritrovarlo, semplicemente non c’è più,
immagino che potrebbe essere di aiuto, non sono
sicura, comunque grazie per avermi ascoltata
Stefanie Golisch
*
Domenica
Vivere è mestiere usurante,
non voglio farti filosofia spicciola
da incarto di bonbon,
ma un fondo di verità deve pur essere.
La sveglia, anche in vacanza,
continua a echeggiare dentro
almeno la prima settimana, poi
bisogna scegliere dove andare.
In questo non sono stato mai
capacissimo, non ho desiderio
proprio di muovermi, ma
sono capace di attaccarmi a un luogo
da inventarmi legione di molluschi
saldata al primo scoglio di passaggio.
Un giorno, percorrendo insignificante
una discesa, mentre cercavo pietre,
ho incontrato Edith Stein:
non ti ho mai detto
quanto le voglia bene.
Non hai torto, arriviamo, passiamo,
pensiamo credendo di possedere
capacità infinite di controllo e recupero,
il mio vantaggio sta nel non truccarmi
e ho una barba ancora rada
da adolescente, sarà per questo
il deciso mio passare dall’acerbo
a una stordita saggezza da campanaro.
Finisce di dover fare i conti, capita
anche a me, con una domenica troppa,
ampia, calda, silenziosa, l’intera
buona volontà, il talento, non riescono
a contenerla, nemmeno in parte.
Ci si perde, ma ho sempre trovato
splendida l’assenza del navigatore.
Infine, vedi, è così anche per me
che poeta non sono mai stato.
(a Stefanie Golisch, Perfect Day)
«Adesso gli anni mi stanno passando addosso,
Stanno scorrendo uniformemente.
Sono più vecchio di una volta
E più giovane di quello che sarò, e questo non è insolito.
No, non è strano:
Dopo cambiamenti su cambiamenti
Siamo più o meno gli stessi;
Dopo cambiamenti siamo più o meno gli stessi.» (Paul Simon)
Il Boxeur
Sono solo un ragazzo povero
la cui storia non viene spesso raccontata
Ho sperperato le mie forze
Per un pugno di sospiri,
come le promesse
tutte menzogne e prese in giro
E dopotutto un uomo sente ciò che vuol sentire
E se ne frega del resto
Quando lasciai la mia casa e la mia famiglia
ero poco più di un ragazzo
in compagnia di sconosciuti
nella quiete della stazione dei treni, correndo spaventato
volando basso, cercando gli appartamenti più poveri
dove vanno gli straccioni
cercando i posti che solo loro conoscono
Chiedendo solo una paga da operaio
sono andato in cerca di un lavoro ma non ho ricevuto offerte
Solo un “vieni da me” da una puttana della Seventh Avenue
lo ammetto, ci sono state volte in cui mi sentivo così solo
da aver cercato conforto in loro
Sto riponendo i miei vestiti invernali
desideroso di andarmene a casa,
dove gli inverni di New York non mi fanno sanguinare
Sanguinare, andare a casa
Nella radura c’è un boxer e un combattente di mestiere
e porta i segni
di ogni guantone che l’ha steso o ferito
fino a farlo urlare di rabbia e di vergogna
me ne sto andando,
ma il combattente rimane
VERSIONE ORGINALE
I am just a poor boy
though my story’s seldom told
I’ve squandered my resistance
For a pocketful of mumbles
Such are promises
All lies and jests
Still a man hears what he wants to hear
And disregards the rest
When I left my home and my family
I was no more than a boy
In the company of strangers
In the quiet of the railway station, runnin’ scared
Laying low, seeking out the poorer quarters
Where the ragged people go
Looking for the places only they would know
Lie-la-lie
Lie-la-lie-lie-lie-la-lie
La-la-lie
Lie-la-lie-la-lie-la-lie-la-la-la-lie-lie
Asking only workman’s wages
I come lookin’ for a job but I get no offers
Just a come-on from the whores on Seventh Avenue
I do declare, there were times when I was so lonesome
I took some comfort there
Lie-la-lie
Lie-la-lie-lie-lie-la-lie
La-la-lie
Lie-la-lie-la-lie-la-lie-la-la-la-lie-lie
And I’m laying out my winter clothes
And wishing I was gone, goin’ home
Where the New York City winters aren’t bleedin’ me
Bleedin’ me, goin’ home
In the clearing stands a boxer and a fighter by his trade
And he carries the reminders
Of every glove that laid him down or cut him
‘Til he cried out in his anger and his shame
I am leaving, I am leaving
But the fighter still remains
Lie-la-lie
Lie-la-lie-lie-lie-la-lie
La-la-lie
Lie-la-lie-la-lie-la-lie-la-la-la-lie-lie
Non c’è speranza diversa
nell’aria fresca del mattino,
la stessa, nuova.
Durante la conta di carne e ossa
qualcosa s’impadronisce,
qualcuno, quanto più
simile a Dio: dura poco,
risuona alla cieca
quasi a farsi donna.
Segue tutto l’agitarsi
di parti e controparti.
Tutto quanto utile a respirare,
costa.
Tutto quanto inutile
diventa importante.
Gli uomini parlano da uomini,
i loro figli, ugualmente stupidi.
Infine è sera, nuova conta,
poi dormire.
Chi può.