Siamo la forma meglio riuscita di nomade stanziale. Ruotiamo i nostri sensi in ogni direzione, li droghiamo, li soddisfiamo, li calmiamo, li esaltiamo, dandone per scontata l’oggettività. Bisognerebbe essere certi della loro reale portata, e con quale esattezza ci mettono in contatto con l’esterno. A cosa corrisponde quel che percepiamo attraverso quei cinque canali, il reale è esattamente come lo avvertiamo noi? Esistono altri modi, altri sensi? Sicuramente la poesia è un senso, oltre che un approdo sul versante ripido di una colata lavica rimasta in sospeso. (Anch’io tentando una risposta cado nell’angustia del dubbio che genera domande.)
Siamo l’unica specie conosciuta che articola suoni riuscendo con essi a esprimere concetti pratici o astratti, la parola. La poesia è parola, ma la poesia va oltre il normale uso quotidiano che viene fatto della parola. Non è mai esistita un’antica lingua pura delle origini da avvicinare attraverso la poesia, lingue e linguaggio sono in perenne evoluzione; così come il concetto di poesia, ampiamente dibattuto e a un punto tale da arrivare a non essere più in grado nemmeno di definirla in modo oggettivo e non soltanto personale.