Ascolta & Leggi: Tre poesie di Giuseppe La Mura e una canzone dei Babe Ruth

C‘è un posto unico
Dove far l’Amore
Io e Te.
Dentro Te
Dentro Me
Racchiusi e stretti
Tra i veli delle Anime, libere come il vento.
E
Sfiorando
Leggendo
Baciando
I pensieri scritti
cuciti col sangue dalla vita
sui veli ammantati di bianco
Leccheremo le Poesie
Odoreremo gli Inchiostri
Ameremo le follie
Imprigionate tra le ferite aperte

*

Passano col tempo
Tutti i tuoi perché,
E restano negli occhi
Soltanto inutili domande,
Prive oramai di alcun senso.

Perchè in inverno cadono le foglie,
Perchè la vita è a volte così dura,
Perchè l’amore è una stagione
E il suo tempo è lungo quanto il giorno.
Le domande, sempre quelle.

E poi succede che il silenzio ti racconti le risposte.

A volte accadono tramonti,
La cui bellezza resta immutata,
Come i tuoi lineamenti,
Lascino senza respiro Me,
Senza che ci siano inutili parole.

E l’amore,
E’ come un tramonto,
Bellissimo,
Eterno ed effimero,
Dura l’attimo che resta nei tuoi occhi
Giusto il tempo per spezzarti il Cuore,
Vederlo morire giù nel mare,
Affogare la sua luce nel buio più profondo.

Ma sai
Che quel buio è dentro di te,
Che il rosso d’un tramonto,
Della malinconia è dentro di Te,
Ed è nel tuo grembo
La passione, l’ardore che scorre come un fiume in piena dentro di Te,
Tutta la tua bellezza che scalda ancora il mio sangue.

*

Le tue labbra
Sono come una porta che lasci socchiusa,
Assapori il vento,
La brezza che porta il mare,
Assaggi l’amore,
E il suo retrogusto a volte amaro.
Aspetti qualcuno dietro quelle labbra,
Aspetti l’amore dietro la porta socchiusa,
Ci appoggi il tuo corpo
E poi il Cuore
Aspetti di sentire quando arriva forte il vento,
Perchè quella porta,
E così anche le tue labbra,
Non si chiudano all’Amore.

Giuseppe La Mura è bravissimo nel canto della breve stagione di un amore. Profondo e rispettoso cultore della bellezza femminile, colloca la sua poesia a metà strada tra Prévèrt e la sua impareggiabile sensibilità. E’ un romantico del XXI Secolo, capace di continuare a cantare, discreto e continuo. Personalmente lo ammiro, proprio per quella sua singolare capacità di saper ripetere atmosfere irripetibili. Soprattutto per aver trasformato la solitudine in un continuo e rinnovato atto creativo. Visitate il suo blog per saperne di più. Qui:
https://giuseppelamura.wordpress.com/

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I Babe Ruth sono un gruppo rock britannico originario di Hatfield (Inghilterra). La band è stata attiva nella prima metà degli anni ’70 e si è poi ricomposta nel 2005.
Il gruppo ha avuto maggior successo negli Stati Uniti che in patria, grazie anche a singoli come The Mexican e Wells Fargo.

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Anche gennaio è estate

Quel frutto piccolo piccolo
Molto più di quanto sembri
E’ amore dentro ogni pensiero
Non curiosità e tenerla nascosta
Sotto l’uniforme grigia

E’ saperli di spalle i capelli
Con tutto il fruscio.
Fidare un po’ di speranza
Non dimenticarla dentro.
Anche gennaio è estate

Profumato di fiori e sorgenti
Ogni giorno l’ultimo
Ovunque sia, troverà rifugio
Amore di passi, voci affilate
Risate d’argento

amArgine ringrazia

Poco fa ho dato una scorsa alle statistiche del blog, non mi metto a fare ohhhh bim bum bam, ma ho notato con piacere che in trenta giorni abbiamo fatto gli stessi ascolti dell’intero 2015 (circa 6800 accessi ma molti più visitatori nel 2019 e da tutti i continenti rispetto all’anno in questione), vi ringrazio tutti, di cuore. amArgine sei tu che leggi e ascolti, quindi buon ascolto con questo pezzo del 2003, reso famoso da una serie televisiva.

Lontano da qualunque strada

Dal polveroso altopiano
Cresce la sua ombra incombente
Nascosta tra i rami velenosi del creosoto
Si allaccia le spine lentamente
Verso il sole bollente
E quando ho toccato la sua pelle
Le mie dita scorrevano con il sangue

Nel crepuscolo il silenzio sotto una gonfia luna d’argento
Sono venuto con il vento per vedere il fiore di cactus
E mani strane mi fermarono, le ombre incombenti danzavano
Sono caduto sulle spine tremando

Quando l’ultima luce riscalda le rocce
E i serpenti a sonagli dispiegano
Gatti selvatici verranno a trascinarti via le ossa

E sali con me per sempre
Attraverso la sabbia silenziosa
Le stelle saranno i tuoi occhi
E il vento sarà le mie mani

Far From Any Road – The Handsome Family, TESTO ORIGINALE

From the dusty mesa her looming shadow grows
Hidden in the branches of the poison creosote

She twines her spines up slowly towards the boiling sun,
And when I touched her skin, my fingers ran with blood.

In the hushing dusk, under a swollen silver moon,
I came walking with the wind to watch the cactus bloom.

A strange hunger haunted me; the looming shadows danced.
I fell down to the thorny brush and felt a trembling hand.

When the last light warms the rocks and the rattlesnakes unfold,
Mountain cats will come to drag away your bones.

And rise with me forever across the silent sand,
And the stars will be your eyes and the wind will be my hands.

finto oro

Dalla matita grassa
di uno scribacchino
scaturirono dieci stupidi centesimi.
Sembrarono oro al finto mendicante,
e li raccolse.
Una donna vestita di nero,
consapevole, mostrava la nuca bianca,
tenera, orgogliosa,
distratta dalle sue stesse parole.

Li chiamai Italia.
Corrosa dalle sue stesse parole,
perde ogni giorno un po’ di onore
e amor proprio. Fida nella legge del ciarlatano.
Sono certo che il suo violoncello
abbia ancora le mestruazioni.

Credimi, non si ama un uomo per lui stesso,
ma lo si ama contro un’altra donna.

Scrisse Nemirovski.

Credimi, non si ama il proprio paese
e il proprio dio, lo si ama contro
un altro paese e un altro dio.
Aggiungo.

Tutti i padri della patria, statisti,
i portaborse, da Camillo Benso a oggi
vengano trascinati in campi di lavoro
e rieducati, ai lavori forzati, condannati tutti
per assenza di lungimiranza.
Niente sogni, ma ricorrenti misure urgenti
a sostegno di, con cui hanno portato fin qui
il paese. Guarda le italiane come sono belle,
sterili, infelici. Continuano a essere giovani,
a non avere uomini.

Lo sono stati invece i padri del mendicante,
lo hanno concepito da soli, cresciuto,
assieme alla violoncellista con l’auricolare,
e alla monetina in finto oro.

Ascolta & Leggi: La vita è un arcobaleno, alcune poesie sempre vive e una canzone di Carmen Consoli.

Ana Rossetti: Dei pubi angelici
(Alla mia adorata Bibì Andersen)

Divagare
per il doppio corso delle tue gambe,
percorrere l’ardente miele pulito,
soffermarmi, e nel promiscuo bordo,
dove l’enigma nasconde il suo portento,
contenermi.
Il dito esita, non si azzarda,
la così fragile censura trapassando
– aderito triangolo che l’elastico liscia –
sapendo cosa lo aspetta.
Comprovando, infine, il sesso degli angeli.

*

Dylan Thomas: Per le nozze di una vergine

Svegliandosi sola in una moltitudine d’amori quando la luce del mattino
Sorprese nell’aprirsi dei suoi occhi lunghi tutta la notte
Il suo dorato ieri addormentato sull’iride
E il sole d’oggi balzò al cielo fuori dalle suo cosce,
Fu la miracolosa verginità antica come i pani e i pesci,
Benché l’istante d’un miracolo sia un lampo senza fine
E i cantieri delle orme di Galilea nascondano una flotta di Colombi.

Mai più le vibrazioni del sole brameranno
Sul mare profondo del guanciale dove un tempo si sposava solitaria,
Il suo cuore tutt’occhi e orecchi, le labbra catturanti la valanga
Del fantasma dorato che accerchiò coi suoi fiumi il suo osso di mercurio
E tra le imposte delle sue finestre sollevò un aureo bagaglio,
Perché un uomo dorme dove il fuoco discese ed ella apprende dal braccio di lui
Quell’altro sole, il correre geloso del sangue senza rivali.

*

Guillaume Apollinaire: La nudità dei fiori

La nudità dei fiori è il loro odore carnale
Che palpita e si eccita come un sesso femminile
E i fiori senza profumo sono vestiti di pudore
Essi prevedono che si vuol violare il loro odore
La nudità del cielo è velata di ali
Di uccelli che planano d’attesa inquieta d’amore e di fortuna
La nudità dei laghi freme per le libellule
Che baciano con azzurre elitre il loro ardore di spume
La nudità dei mari io la adorno di vele
Che esse strazieranno con gesti di raffica
Per svelare il loro corpo allo stupro innamorato di esse
Allo stupro degli annegati ancora irrigiditi d’amore
Per violare il mare vergine dolce e sorpresa
Del rumore dei flutti e delle labbra appassionate

*

Federico Garcia Lorca: Casida della donna distesa

Vederti nuda è rievocare la terra.
La terra piana e priva di cavalli.
La terra senza un giunco, forma pura
chiusa al futuro: confine d’argento.

Vederti nuda è comprendere l’ansia
della pioggia che cerca fragili fianchi,
o la febbre del mare dal volto immenso
che non trova la luce della sua guancia.

Il sangue risuonerà nelle alcove
e verrà con spada di folgore,
ma tu non saprai dove si celano
il cuore di rospo o la violetta.

Il tuo ventre è uno scontro di radici,
le tue labbra un’alba senza profilo,
e sotto le tiepide rose del letto gemono
i morti, in attesa del loro turno.

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Acqua

La neve svela cognizioni di belligeranza:
copre. Sotto, tra erba, terra, asfalti,
nevica ancora, finché qualcosa di più caldo
toglierà il respiro, sarà acqua.
Non piove sul mercato della carne. Singoli
il cui cesto di fragranze è all’incanto.
I cercatori di infinito chiudono gli occhi,
ma bevi il mio sangue, lupa, non mancare.
Il bianco scioglie nel ritorno ai passati colori.
Innocente perifrasi, due zigomi orgogliosi
piegano l’impossibile all’unicità del bacio.

Ascolta & Leggi: Enri, non c’è tempo per la verità, testi di Pasolini, Almerighi, musica di Cindy Lauper.

(al mio amico Enri)

Verità su Portella della Ginestra?
Verità sul golpe De Lorenzo?
Verità sul Piano Solo? (risposero colpa di Bobby Solo)
Verità su Piazza Fontana?
Verità su Piazza Della Loggia?
Verità sulle bombe a Savona?
Verità sulle bombe del Sessantanove?
Verità sull’Italicus?
Verità sul Rapido Novecentoquattro?
Verità su Gioia Tauro?
Verità su Peteano?
Verità sulla strage di Bologna? (maledetti!)
Verità per Vittorio Occorsio e Mario Amato?
Verità per Cesare Battisti?
Verità per Giorgiana Masi?
Verità sui Kissinger Cables?
Verità sul S.I.D. e su tutti i servizietti segreti?
Verità sugli anarchici?
Verità per Aldo Moro e Giuseppe Impastato?
Verità su Licio Gelli e suoi apprendisti?
Verità per Pier Paolo Pasolini?
Verità su Gladio?
Verità per la strage di Ustica?
Verità sui traffici di Esseri Umani e neo colonialismo?
Verità per Giulio Regeni?
(Giulio accodati, abbiamo parecchi arretrati.
Mi spiace Enri)

*

«Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il ’68, e in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del “referendum”.Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero»

(Pier Paolo Pasolini, Corriere della Sera, 14 novembre)

*

«Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani, dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati. E quivi accusati di una quantità sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, collaborazione con la Cia, uso illegale di enti come il Sid, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna[Treno Italicus]. (almeno in quanto colpevole incapacità di colpirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani, responsabilità dell’esplosione “selvaggia” della cultura di massa e dei mass-media, corresponsabilità della stupidità delittuosa della televisione. Senza un simile processo penale, è inutile sperare che ci sia qualcosa da fare per il nostro paese. È chiaro infatti che la rispettabilità di alcuni democristiani (Moro, Zaccagnini) o la moralità dei comunisti non servono a nulla.»

(Pier Paolo Pasolini, Processare la Dc.)

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nel limbo di lana e pelle

C’è tutta la prontezza in parole
pronunciate prima di pensare.
Tutto avviene per concretezza,
specie quando non si capisce.
La sintesi corre dentro piazze vuote,
partite per seguire altre strade.
Le ho messe ad asciugare
sotto la pioggia ogni giorno.

Dice Lei.
Le tengo sotto una gogna ben visibile
a tutti i passanti. Possano saziarsi.

Risponde Lui.
Quanto potranno essere sostenibili
due lampioni accesi di fronte?
Sono passato dalla libreria,
la scorsa estate, era chiusa.
Aveva il catalogo di tutta
una natura furiosamente umana.
Volevo acquistarlo, si è fatto inverno
nulla di nuovo, niente è cambiato:
immagine fredda, incastrata
nel limbo di lana e pelle.

Ascolta & Leggi: 27 Gennaio 1945 / 27 Gennaio 2019

Quando questa lettera vi giungerà, io sarò già passata ad altra vita. Quel che più mi sorprende è la calma di questi momenti, non avrei mai creduto che dinanzi a morte sicura riuscissi a ragionare ancora così: deve essere il mio ideale a sorreggermi. Da sette giorni sono nelle loro mani, non posso dirvi tutte le torture alle quali mi hanno sottoposto. L’altro ieri mi hanno fatto 4 iniezioni che mi hanno resa incosciente. Quando mi sono ripresa, mi sono accorta che la vista era diminuita. Mi hanno messa qui perché si rimarginino tutte le ferite che ho per il corpo. Dopodichè, hanno già detto che mi appenderanno ad un pezzo di corda e che avrò l’onore di riportare l’impiccagione a Ravenna. Gigi e Arrigo sono già morti. Vorrei tanto che il mio corpo venga tumulato vicino a loro; saremmo un bel trio.
Ora ho una febbre da cani, faccio sforzi tremendi per ragionare e scrivere. Ora penso soltanto che, uccidendomi, essi non fermeranno il corso della Storia; essa marcia precisa ed inesorabile.
Io me ne muoio calma e tranquilla. Ma coloro che si sono arrogati il diritto di uccidermi saranno altrettanto calmi e tranquilli?

Paola Garelli

*

ANNIVERSARIO, 9 SETTEMBRE

Questo è il giorno in cui iniziò la tua agonia.
Non riesco a richiamarlo alla mente
Ma non posso dimenticarlo.
Dopo Auschwitz, disse Adorno,
Nessuno dovrebbe scrivere poesia.
Che cosa è la poesia? Dopo Auschwitz?
Io scrivo, tuttavia. Altri scrivono.
In che altro modo potremmo
Uscirne fuori?
Perché dentro, vince l’oscurità.
Oscurità. Luce mattutina. Il tuo risveglio
Colmo di speranza, oggi, cinquant’anni fa.
La frontiera innanzi a te: salvezza, libertà.
L’eccitazione, l’esaltazione.
Il sole che splende soavemente
Poi all’improvviso l’intoppo: gli arresti,
Le retate. Ansia, agitazione, terrore,
mani che forse si torcono, mani che ricordo
La mente non può mettere ordine…
Le parole vengono meno…
Ma io continuo a balbettare.

Hilda Schiff

*

LA GARANZIA

Nel Sonderkommando
Ti erano garantiti
Tre mesi di lavoro
Latte pane lenzuola pulite
Cioccolata dolciumi cognac
E tre mesi di vita.

Lily Brett

*

VEDUTA AEREA DI UNA SCENA INDUSTRIALE

C’è un treno sulla rampa, scarica gente
che cade dai vagoni ed incespica verso il portone.
Le ombre dell’edificio si inclinano sul campo,
dietro ogni ombra una più lunga
e da quell’ombra sguscia un’ombra di fumo
nero come terra appena arata. Oltre il portone,
un piccolo giardino e qualcuno inginocchiato.
Sta forse tastando le gialle fioriture
per vedere quali hanno attecchito e quali avvizziranno,
avvinghiate a un pomodoro verde che cresce.
La gente fa resistenza ma è spinta a forza verso il portone aperto,
e quando entrerà vedrà il giardino
e qualcuno, egli stesso giardiniere, anelerà a
buttarsi in ginocchio, per districare rampicanti,
strappare erbacce, rinfrescarsi le mani nella terra umida.
Moriranno presto, questione di minuti.
Anche dalla nostra altezza, vediamo sulla fotografia
l’ombra dell’aereo che, scura e immensa, si stampa
su Birkenau, con un’ala nera che ombreggia il giardino.
Non possiamo dire quali sono le guardie e quali i prigionieri.
Siamo osservatori. Ma se avessimo delle bombe, le lanceremmo.

Andrew Hudgins

*

LETTERA ALLA MADRE

frammento

[…] Fili elettrici, alti e doppi,
non ti lasceranno mai più rivedere tua figlia, Mamma.
Non credere alle mie lettere censurate,
ben diversa è la verità; ma non piangere, Mamma.
E se vuoi seguire le tracce di tua figlia
non chiedere a nessuno, non bussare a nessuna porta:
cerca le ceneri nei campi di Auschwitz,
le troverai lì. Ma non piangere — qui c’è già troppa amarezza.
E se vuoi scoprire le tracce di tua figlia
cerca le ceneri nei campi di Birkenau:
saranno lì — Cerca, cerca le ceneri
nei campi di Auschwitz, nei boschi di Birkenau.
Cerca le ceneri, Mamma — io sarò lì!

Monika Dombke, Birkenau, 1943

*

RUDOLF HÖSS

Cultivez votre jardin! —
ripeteva il comandante di Auschwitz
a imitazione di Voltaire.
E perché no?
… Ma se il suo giardino
si trovava in prossimità
dei quattro crematori
dove ogni giorno bruciavano
migliaia di cadaveri.

Julius Balbin

*

Ventisette Gennaio 1945,

una sopra l’altra, anime ossute protese verso un dio qualsiasi, siamo più innocenti del latte nell’effimera planimetria del cielo. Fotografie da un’interminata tregua. Liquidata la buna, i camini non fumano più. La sirena suonava alle cinque, finito il lavoro c’incontravamo ai cancelli. Dalla mia cuccia vedo strati di cenere grassa addosso ai volti di un tempo, e sugli amori consumati dietro un portone. Vedo la notte scendere su ogni possibile presente. Il campo evacua come i miei visceri. O le silfidi in menopausa alla divisione della gioia. Fosse ancora ieri mi mangerei le labbra, i denti, per sedare un po’ di male. Mangerei le strisce del mio carcere che indosso insieme al sangue secco, ma non la fame. Rimane poco di me oltre la febbre, orgoglioso souvenir di chi ero. Visto dalla tua parte del foglio, sono poco più di carta sporca, ma senza odore né prurito. Sid Vicious rifarà My way, i cinesi rifaranno Sid Vicious. Non ho più dolore adesso. Sono l’altare gonfio di luce a cui non chiedere memoria.

Flavio Almerighi

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Majakovskij

Troppo difficile disimparare
quel che il corpo insegna, rimanere
in cima aggrappato per le mani.
I polsi svitati di chi
non si vorrebbe mai fermare.

È stato un giorno altrove,
e, dicono, nemmeno Majakovskij
potrebbe farmi rinsavire.
Coerente, come sono sempre,
all’idea di non dover essere mai
inquilino nel mio io.

Affittando braccia, lacrime, cervello
al primo di passaggio, tanto all’ora,
in cifra fissa, meglio pensare
quant’è pari diventare dispari,
anche il motore sfiatato dell’amore.

Splendono gli occhi, avverrà,
o solo troppo pigro per riflettere
una fine avvicinata di un giorno:
anche altrove, ovunque sia.
Disoccupate le strade dai sogni.
Qualcuno cantò prima di spegnere.
Farò in fretta, senza voltarmi.