Ieri, uscendo a portare il sacco della differenziata, mi sono imbattuto in un bambino. Era vicino al mio portone e non so chi o cosa aspettasse. Avrà avuto tre o quattro anni, e non è normale vedere un bambino tutto solo vicino al portone. Ho pensato che aspettasse qualche suo amichetto che abita qua sopra, e gli ho chiesto se volesse entrare, mi ha detto sì, ho chiuso il portone alle mie spalle e me ne sono andato a portare il sacchetto con plastica e lattine al punto di consegna. Quando sono rientrato ho aperto il portone e mi sono sentito chiamare. Era quel bambino, era al secondo piano, si era tolto le scarpe e aspettava di entrare nell’appartamento dei vicini. L’ho raggiunto e ho iniziato a bussare, ma evidentemente non c’era nessuno. Ho pensato di aiutarlo a rimettersi le scarpe e l’ho accompagnato giù. Gli ho chiesto più volte dove abitasse, ma rispondeva in una lingua a me sconosciuta, arabo probabilmente. In italiano diceva soltanto sì e no. Quando ho riaperto il portone c’era un tizio, probabilmente della mia età che lo cercava. Anche lui parlava un italiano stento, da quel che ho capito era il nonno che ha preso il bimbo e se lo è trascinato via. No, questo mondo cosmopolita a senso unico, non fa per me.