Gioielli Rubati 49: Idoia Arbillaga – Davide Castiglione – Matteo Rusconi – Alexandra Bastari – Emilia Barbato – Klaus Miser – Mariella Tafuto – Jonathan Varani.

ODE A EROS

Se si trattasse solo del battito,
membranoso e fugace, della carne e delle ossa,
o della rischiosa chimica
che si scatena a causa di incerti referenti
(ricordi, chissà, di un padre o di una madre,
ricordi puerili di un bambino dell’infanzia).
Se tu fossi l’istinto che portai da una grotta,
dono di femmine inquiete in cerca di un marito,
o fossi il residuo della natura che cerca di procreare;
se fossi solo, Amore,
un regalo senza magia che cerca i nostri amplessi
per forgiare futuri,
se solo fossi questo e non lo sciroppo bianco
che si accende nelle mie vene ogni volta che lo guardo.
Anche se solo questo fossi, Eros,
e non le cento api che brulicano nella mia anima
ogni volta che lui mi bacia,
io continuerei nel mondo a percorrere le sue strade
con la speranza cucita nelle pieghe della mia gonna
io continuerei a bere l’acqua dalle mani
che fecero di questo corpo una donna innamorata.

di Idoia Arbillaga (trad. Emilio Coco), qui:

Idoia Arbillaga, poesie

*

Quello che non c’è

Ho deciso per me un segnale, un camion
svoltare dove c’è l’insegna gialla.
Di scatto, quindi, la mente – fermarla.
Ma non su noi che ci sopravviviamo
intuendo il fiorire da lontano,
solo e caparbio, dell’uno e dell’altra.
Scusate, ma in autunno ci si ammala
d’intimismo, si indugia nel malanno
del verso che si appoggia con dolcezza
al verso precedente. Uno il bene
che viene dalla lama, dall’accetta,
la forza che ne brilla, lo risente.
Uno il bene, due diviso, poi brezza
che non c’è. Svolta il camion, banalmente.

di Davide Castiglione, qui:

Davide Castiglione, sette poesie da “Non di fortuna”

*

Le Cento Città

Il mare non bagna i tuoi piedi
li lambisce, si insinua
tra le loro pieghe, sotto pelle.
Le nuvole e le stelle non ti guardano le spalle,
restano distratte
da un jet che passa
dal blues in un locale in cui si suona
da una busta di plastica bianca
in un angolo, lasciata sola.
I gatti non si strusciano sulle tue caviglie
si inseguono tra i bidoni fuori dai ristoranti
e mi dici che sono falsi
e si lasciano accarezzare solo per riempirti di peli.
È la città che mi esplode nello sterno
con il suo cemento liquido
a guardarti e toccarti
a lambirti e spettinarti,
è una città
con il deserto di Gobi e i parchi di Londra
con le sete di Damasco e le nubi dell’isola di Terranova
e con tutti i sali e scendi di San Francisco.
Il mare non bagna i tuoi piedi
li lambisce, si insinua
tra le loro pieghe, sotto pelle.
Le nuvole e le stelle non ti guardano le spalle,
restano distratte.
Ma sui muri di questa metropoli
ci sono occhi e orecchie, bocche e marmi
ci sono le mie mani che scrivono
che sei città dentro la mia città,
che sei città fatta di altre cento città.
Ogni senso ha come direzione il tuo centro
quando distratto
mi perdo con incedere lento, incerto
tra mostre di manichini spenti e portici dormienti
prima di salire sul quattordici, a mezzanotte.

di Matteo Rusconi, qui:
https://roskaccio.com/2019/07/08/le-cento-citta/

*

IL VESTITO VERDE

Ho rimesso nell’armadio
il vestito verde con cui
ti sono venuta a trovare
appeso in piedi, disteso
non piegato
assediato ancora dalle tue forme.

È un geroglifico che dovrò
invitare ad uscire altre volte
forzarlo, magari
un cane che si tira per il guinzaglio
per macchiarsi la reputazione
e l’immagine e l’incarnato
d’infanzia.

L’irriverente verità
sta nella preziosità con cui mi curo
per disobbedire alle regole
della vecchia donna esangue
e bianca
accasata nel mio usuale riserbo
che per te, oggi
ha messo un vestito verde.

di Alexandra Bastari, qui:
https://alexandrabastariscrive.wordpress.com/2019/07/12/il-vestito-verde/

*

LEOPOLI

Leggo andare a Leopoli, poesia
miraggio, sento la città farsi
irraggiungibile, mutevole
nel clangore delle forbici,
delle cesoie, come di spade
un esercito raschia il troppo
ingovernabile, di certo
inguaribile e inspiegabile
la donna regge un hula-hoop
con il cappello trovato
sulle orme di Leopoli, poesia
lunghissima, per certi versi
rovinosa, fiume, con suoni
acque e versi canne, pericolosa
dicevo, dove nuotano pesci
verde opaco dai dentini
aguzzi, pensieri e qualche
cattivo maestro a cui chiedere
corruzione per una scrittura
pacata che vuole molestie
da una certa isteria, che si dice
sia mia! Ragione, la bocca
disseccata, gli occhi
dilavati nell’esitazione del sole,
avanza nel vuoto, un disastro!

di Emilia Barbato, qui:
https://emiliabarbato.wordpress.com/2019/07/11/leopoli/

*

l’amore finisce
dentro il suo spazzolino quasi nuovo
una domenica fredda
un biglietto con scritto novembre

l’amore si scioglie
dentro un nevischio di parole
sporche come la neve per strada
dieci giorni dopo

correva in quei mesi una ballata struggente
ora che la morte ci ha vinto

non ti rimborsano nè il biglietto, né la neve
ma ho riavuto un bagaglio smarrito
pieno di nuvole guardate in volo
pieno di neve come quando ho suonato il tuo campanello
pieno di brace, la vostra, che scalda i miei denti neri

l’amore ricomincia tutte le volte
che infilo le mani nel tuo maglione
tutte le volte che mi dite
non usare quello spazzolino
per ricordarti il sapore di un bacio

di Klaus Miser, qui:

Klaus Miser: la poesia (post di natàlia castaldi)

*

Notturno

Voglio pensare che invento uno sbadiglio

Finché non smetto di scompaginare i sogni
posso guardare il letto e dirgli di aspettare.
Tanto sta sempre fisso alla parete – il letto
– indifferente a tutto. Finché non finisco
le sigarette, posso sempre fumare, e voglio.
Posso annodare gli occhi a questo buio
che non conosce l’alba. Finché immobile
aspetto, posso fasciare il pianto col silenzio.

serro questo dolore nel dolore

di Mariella Tafuto, qui:

Notturno

*

[l’ultima cena]

All’ultima cena, -mio signore
ho portato tredici pensieri
tutti intinti nel vino buono.
Ho apparecchiato la tavola
per ogni peccato che non abbiamo
commesso e disposto lame e candele
per ogni notte invocata
sulla pelle lontana.
All’ultima cena -mio signore
ho offerto ciò che non potevo e in quell’atmosfera ho designato
la tua fine:
il mio boccone avvelenato
tra le cosce che osannavi,
il mio dolore che sormontava
la verga della tua potenza, il mio unico e fedele bacio
sulla tua ultima parola.

E così è stato.

Così sono stata il fato che hai
costruito tra una fuga e l’altra,
al riparo da occhi indiscreti,
nel rifugio che pensiamo invincibile
e che di colpo si rovescia quando il tempo singhiozza e confonde il sangue col tramonto,
quando l’amore si confida e noi seguiamo sordamente
il labile volo di farfalle
senz’ ali.

di Jonathan Varani, qui:
https://tremoridinchiostro.wordpress.com/2019/07/16/lultima-cena-2/

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22 pensieri su “Gioielli Rubati 49: Idoia Arbillaga – Davide Castiglione – Matteo Rusconi – Alexandra Bastari – Emilia Barbato – Klaus Miser – Mariella Tafuto – Jonathan Varani.

  1. Flavio, ho appena letto la tua poesia “Sull’amore finito”. È davvero una delle cose più belle che abbia mai letto, è stato un grande piacere e un onore poter studiare le tue parole. Spero che quello che sto dicendo risuoni e tu possa cogliere la mia sincerità. Ciao.

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