Qui, sembra ieri, la strada non c’era, mentre la città sempre più soffocava. Sembra ieri. La città è molto cambiata, più grande, più fitta di ferro e cemento.
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Questa strada non c’era. E neppure c’era la ruga sul tuo collo che oggi ho veduto. Corriamo. Le macchine ci vengono incontro dall’altra parte, con le luci già accese.
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Quella ruga non c’era. Corriamo. È notte. Corriamo: gli anni, le città, le galassie.
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MARE
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Davanti al mare, siedi al sole ancora dolce; ma senti sopra il volto ormai il vento freddo che scende dalla valle con le acque autunnali.
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Rade, smarrite impronte restano dell’estate. Un altro anno è sepolto. La gioia non è venuta, hai mangiato il tuo pane, hai percorso le strade.
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Domani andrai ancora. L’onda sale e ritorna sulla sabbia deserta, come alle prime origini. La quiete è profonda, immenso l’orizzonte.
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UNA BOTTIGLIA (risposta ad A.C.)
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« Una bottiglia, un libro ed un amico che t’offre l’una e l’altro: sono queste le cose più importanti; e il resto (ossia le donne…) decidiamoci a gettarlo. Per queste cose devi stare al mondo, ti prego. » Caro, in questi giorni tristi, niente di meglio che le tue parole ed il tuo dono. Vedo: mi conosci. Il tuo libro lo leggerò domani; ma bevo adesso, sùbito, il tuo vino, da solo, questa sera. – L’ho bevuto, il vino dei tuoi colli, ed ora devo risponderti, perché nel vino sta la verità; se pure è la mia triste verità di chi passa i quarant’anni. Perché dir male, ancora, delle donne? Ci consolano, sono gioia e forza di noi poveri, e sono dannazione e disgrazia e rovina. Proprio come la bottiglia, anche questa tua di ora (finita, ahimè), che ha fatto la mia sera dolce e ricca, ma intossica il mio sangue. Come persino il libro (tu lo sai): grandezza e frustrazione, contentezza e veleno per noi che non abbiamo genio. E l’amico? tu m’incalzi. Pochi, hanno saputo, come me, le grandi ore dell’amicizia; ma un mio vecchio caro poeta dice che ciascuno è solo con la propria vita, come poi sarà con la propria morte. Forse non è vero. Domani cercherò la voce stoica che mi comandava l’inno alla buona Legge. Ma stasera mia madre è assente nella sua nevrosi, nel suo silenzio ostile; i libri sono troppi, e non c’è tra essi il mio: l’amore non ha con sé la speranza; e l’amico è lontano e impotente. Solo questa dunque è la triste verità che trovo in fondo alla bottiglia. E ora in fondo a una seconda forse troverò un’altra verità, o almeno il sonno.
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AMICO
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Scegli dunque la disperazione. Solo in essa la personalità viene placata, solo qui si ritrova l’assoluto. (Kierkegaard)
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« Ma dalla notte nasce l’alba; nasce la vita sopra il limite del niente. » Amico, a notte alta t’ho lasciato con queste parole, forse stanche. Ricordale, ti prego. È anche mia la tua disperazione: io so come nessuno lo svanire di tutto; vivo da molti anni sospeso sopra il vuoto, ai confini dell’orbita, tra i suoni ed il silenzio.
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Ma vorrei anche tua questa certezza: che accettare il vuoto è l’estremo dovere, e negare è una colpa; che quando il disperare senza limite ti avrà purificato, dalla notte nascerà l’alba, e sul niente la vita.
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Io non ho mai amato l’esistenza così sicuramente, semplicemente, in umiltà di cuore, come stanotte, tornando solo tra le case buie, guardando il rettilineo della strada e la fila dei lumi lontananti.
Adriano Guerrini è nato ad Alfonsine [RA] nel 1923 ed è morto a Genova nel1986.
Allievo di Adelchi Baratono si è laureato in filosofia.
Dopo l’esperienza della prigionia in Germania insegna in numerosi Licei liguri. A Savona è docente di Storia e Filosofia dal 1953 al 1964.
Legato da profonda amicizia con Camillo Sbarbaro e Diego Valeri, è stato, per molti anni, punto di riferimento culturale a Savona. Fonda la rivista “Diogene” nella quale scrivono Gina Lagorio e Silvio Riolfo e lo stesso Sbarbaro.
Successivamente, nel 1972, pubblica la rivista “Resine” tuttora in vita. Ha scritto su testate letterarie importanti quali “Il Mondo”, “Paragone”, La Nuova Rivista Europea” e “La Fiera Letteraria”. Autore di numerose raccolte di poesie, l’Editrice Mondadori, nel 1978, pubblica la sua raccolta più conosciuta ed apprezzata “l’età di ferro” nella collana Lo Specchio. Guerrini ha anche una intensa attività come critico letterario e saggista. Importante il suo saggio “La rivoluzione al Liceo” del 1971 dove analizza il fenomeno della contestazione sessantottina.
al suo debutto
ogni regola appare già vecchia,
astrusa come pensieri insistenti
d’amore verso chi si odia,
il riscaldamento brucia
il freddo però non si scalda,
sottoboschi intricati di orpelli
crepitano sotto passi pesanti
di idioti da tartufo
ogni giorno una buca,
la tagliola che c’é sotto,
la distorsione nell’ipotesi migliore:
sono stanco,
ho voglia di dormire
ma il gelo spezza il sonno fuscello;
una cimice, durissima, resiste
non teme rigore,
respira a lungo e con gioia
Dopo la notte di diluvio il limpido
vento di tramontana
fa miracoli sulle facciate
delle case specchiandovi nei foschi
intonachi il lampo dei boschi
risorti nel turchino degli sfondi.
Cantano le montagne attraversate
dal gran respiro; e dal fondo dei borri
il soffio di rovaio
leva odori di funghi di castagno.
I cavalli galoppano
sopra vie di diamante
e fumano dal manto sauro e baio;
nell’arco delle grotte
gioiellate di ghiaccio
è santo il mio gennaio.
Giorgio Vigolo
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Ritorna ai rami
Ritorna ai rami il fuoco di gennaio
intenerito, di neve i colli non lontani
rallegrano l’ozioso pomeriggio
alle porte della città.
Il giorno è popoloso sino a che s’accende
sul ponte il lampione
e inonda l’acqua di ferro fiorito.
Attilio Bertolucci
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Gennaio
Parte dei soldi li spesi in assoluta allegria
Quella stessa con cui li avevo guadagnati
Ci voleva del fegato per ammettere
Che come erano entrati così erano usciti
Il resto era là, in banca ad aspettare
Attirato da una formula a interesse anticipato
Alla fine del mese sembrava proprio di avere
Lo stipendio ed un nuovo datore di lavoro
Nessun senso di colpa, non è importante per me
Tu non stare in pensiero, è solo un finto cuore
Alla fine decisi di prender casa in affitto
Sempre meglio che vagare e lavarsi i panni al diurno
La mia stanza era entrando sulla sinistra
Quella di Barbara a destra: c’eravamo rivolti
A nostra insaputa, alla stessa agenzia
Gennaio, gennaio
Gennaio
Nessun senso di colpa, non è importante per me
Tu non stare in pensiero, è solo un finto cuore
Thanks
Federico Fiumani
*
Foglie di palma
A mezzanotte in punto
1973-74
Los Angeles
ha cominciato a piovere sulle
foglie di palma fuori dalla mia finestra
i clacson e i fuochi d’artificio
erano svaniti
e tuonava.
ero andato a letto alle 21.00
spente le luci
tirate su le coperte –
la loro letizia, la loro felicità,
le loro urla, i loro cappelli di carta,
le loro automobili, le loro donne,
i loro ubriachi dilettanti…
la notte di Capodanno mi atterrisce
sempre
la vita non sa nulla degli anni.
adesso i clacson si sono ammutoliti
e i fuochi d’artificio e i tuoni…
tutto è finito in cinque minuti…
odo soltanto la pioggia
sulle foglie di palma,
e penso:
non capirò mai gli uomini,
ma è andata
anche questa.
Nella primavera del 1944 i tedeschi avevano costruito una linea fortificata, denominata Linea gotica, che si estendeva da Rimini a La Spezia. La linea gotica costituiva l’ultima forte linea difensiva tedesca prima della pianura padana. Il punto centrale del fronte era localizzato poco a nord di Bologna, a cavallo del torrente Idice.
Nel bolognese e in Romagna la fortificazione era difesa da due armate: la Xª, schierata dall’Adriatico fino a Bologna, che si componeva di un corpo corazzato e di un corpo paracadutisti; la XIVª, che era schierata dal torrente Idice al mar Tirreno, con un corpo corazzato e un corpo da montagna (con una divisione italiana).
Girato nel comune di Riolo Terme, vicinissimo a Castello, prodotto da Valentino Peduli e diretto dal giovane regista Matteo Tondini nel 2009 (all’epoca diciannovenne), “Il mio ultimo giorno di guerra” è uno dei cortometraggi italiani più premiati di tutti i tempi. Nel suo palmares si contano infatti 80 nominations in festival internazionali e ben 45 premi, incluso il “Miglior cortometraggio sezione elemets+10″ al Giffoni Film Festival 2009 e “Best Foreign Drama” al Los Angeles International Family Film Festival 2010.
Se vi va in una ventina di minuti ve la cavate, buona visione.
Nico, pseudonimo di Christa Päffgen (Colonia, 16 ottobre 1938 – Ibiza, 18 luglio 1988), è stata una cantante, attrice e modella tedesca. Conosciuta anche con il soprannome di “Sacerdotessa delle Tenebre”, per le atmosfere gotiche e decadenti dei suoi brani, unite alla sua inconfondibile voce profonda, è considerata la progenitrice del gothic rock. In campo musicale raggiunse i primi riconoscimenti come collaboratrice del gruppo The Velvet Underground, partecipando all’album The Velvet Underground & Nico come cantante dei brani Femme Fatale, All Tomorrow Parties e I’ll Be your Mirror. La sua avventura con i Velvet ebbe vita breve, e nel 1967 si avviò alla carriera solista. I suoi album più celebri sono The Marble Index del 1968 e Desertshore del 1970, spesso considerato dalla critica il suo capolavoro, entrambi prodotti da John Cale.
IL FALCONIERE
Il falconiere siede
Sulle sabbie del suo deserto all’alba
Aprendo gabbie d’argento sommerse
Con una rivelazione argentea tutti gli amabili volti
Tutte le amabili tracce d’argento cancellate
Le mie pagine vuote
Il falconiere siede
Sulle sabbie del suo deserto all’alba
Sotto le sue brillanti onde argentate
E la sua danzante corsa ribelle
Composta prima del tempo eterno
Un suono nella mia notte illuminata da candela
Padre figlio
Angeli della notte
Una cornice d’argento alla mia notte di candela
TESTO ORIGINALE
The falconer is sitting on
His summersand at dawn
Unlocking flooded silvercages
And with a silverdin arise
All the lovely faces
And the lovely silvertraces erase
My empty pages
The falconer is sitting on
His summersand at dawn
Beside his singing silverwaves
And his dancing rebelrace
That compose ahead of timeless time
A sound inside my candle light
Father child
Angels of the night
Silver friend
my candlelight
Father child
Angels of the night
Silver friend
my candlelight
The falconer is sitting on
His summersand at dawn
Unlocking flooded silvercages
And with a silverdin arise
All the lovely faces
And the lovely silvertraces erase
My empty pages