Perché il Giorno della Memoria?

Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche della 60ª Armata del “1º Fronte ucraino” del Maresciallo Ivan Konev arrivarono per prime presso la città polacca di Oswiecim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il campo di concentramento e liberandone i superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista. Il lager era stato abbandonato dai tedeschi circa dieci giorni prima, vi erano ancora rinchiusi circa 7000 prigionieri tra i più deboli e malati, gli altri erano stati portati via in una tragica marcia della morte. Nonostante i sovietici avessero liberato, circa sei mesi prima di Auschwitz, il campo di Majdanek e conquistato [nell’estate del 1944] anche le zone in cui si trovavano i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka [precedentemente smantellati dai nazisti nel 1943], fu stabilito che la celebrazione del giorno della Memoria coincidesse con la data in cui venne liberato Auschwitz. L’apertura dei cancelli di Auschwutz infatti mostrò al mondo intero non solo molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati in quel lager nazista.

La data del 27 gennaio in ricordo dello sterminio del popolo ebraico, è indicata quale data ufficiale agli Stati membri dell’Onu, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1º  novembre 2005. L’Italia ha formalmente istituito la giornata commemorativa, nello stesso giorno, alcuni anni prima della corrispondente risoluzione delle Nazioni essa ricorda le vittime dell’Olocausto, delle leggi razziali e coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere i perseguitati ebrei, nonché tutti i deportati militari e politici italiani nella Germania nazista. Nella foto sopra potete vedere la foto di un sasso che trovai casualmente fra tanti a Dachau.

Ex opificio

Edward Burtynsky
Solo potessi dire
quanto già detto,
cercherei un rudere
dalla facciata rossa e turpe,
un ex opificio
col suo camino annerito
.
il cantiere senza più vari
dove le voci di chi è stato là
dicano quant’era difficile
concludere la giornata
e insopportabile il rumore,
ma credo
sia già stato detto.

*

Il Metalmeccanico

L’aspetto non era necessità
semplice appannaggio di pochi privilegiati.
I poveri sapevano strappare a morsi
i propri diritti senza passività o bisogni indotti.
.
Molti sognavano i migliori mondi impossibili,
nel breve tratto di storia in cui
politica e carriera non andarono a braccetto.
.
L’aria non puzzava 
di cattivo inchiostro e pessima pubblicità,
sapeva del lubrificante pronto a scorrere
sulle superfici metalliche mitigando l’attrito.

*

Democrazia

Quanto sangue e ingiustizia,
fascismo e monarchia
per costruire
la nostra strabica democrazia
un po’ serva, spesso disonesta
coi suoi valori scritti e le creste
di epigoni indegni;
nessuno ricorderà più i caduti
tra i ghiacci e nei deserti,
sotto casa e su in montagna,
Piazza Fontana, la Stazione,
memorie azzoppate
tra i meandri della televisione.

*

Sul suo seno

Pace e nessun ferro arrugginisce
sul suo seno, così vicino e lontano
a tal punto arriva nostalgia 
da cedere sui limiti dell’ovvietà;
ogni giorno Edith è sale
per l’attimo in cui cedette curiosa,
la stessa con cui vorrei chiederle
quanto posto occupa il suo cuore.

*

Il Pane

Il pane è ancora verde,
poi sarà crudo.
Daremo sangue a tanto cinema
senza altri doveri
verso i parapiglia del tempo
abbandonato a terra
fra torrenti di foglie senza nome
e il gorgogliare del bollitore.
Raccontiamo chi saremo,
la realtà non affondi la storia.

425 Dopo Cristo

Cassiano, preghi il Signore
dai carboni ardenti
o per quella rosa che, lenta,
ti si allarga in petto?

I giovani fuggivano
verso una Terra Santa judenfrei,
le ragazze consegnavano
il proprio sbocciare
a una chiesa già proprietaria,
tutti vollero espiare
l’imperialismo dei padri,
consegnarsi a una difficile vita eterna,
di cui ancora non conosciamo
la vera natura, se non dopo
avere varcato la soglia

oggi no, forse domani,
c’è un silenzio che rompe la linea
tra cielo e mare, sento i polmoni
saccheggiare aria e rilasciare,
anche il decadimento esige
attimi di respiro.

disfattista

Tieni lontana gemella morte.
Accarezza il primo culo di crocerossina
a portata di mano. Forse sarà l’ultimo.
Adeguati, bestemmia, ogni guerra è così;
a meno che quando la dichiarino
nessuno ci vada:
dovrai ogni volta rispondere alla cartolina,
catapultarti da un treno all’altro
verso luoghi se no sconosciuti,
lontano da mamma, sorella, morosa.
Provare a sopravvivere
nella babele di dialetti e sconfitte
continue, disperate. Scava disfattista,
tieni ben ferma la pagnotta prima di sparare
altrimenti si vedrà la bruciatura;
non è il popolo a trarre sangue
dalle guerre di popoli.
Altrimenti i generali liberano carabinieri
per obbligarti a correre contro la mitraglia,
senza eccessivi fronzoli patriottici,
dietro fucili spianati
col colpo già in canna.