
Sento da dentro
ruggire il motivo
picchietta frastornante
al petto, diamine!
Svegliati!
Non è un incubo
è il tuo qui e ora
sentiti come ti Senti
Urlalo a bocca chiusa
scoppia l’arteria
è piena di motivi
non se ne accorge
avevi ragione
*
.
Ieri Carolina mi ha chiesto se avessi avuto voglia di leggere la sua ultima poesia, e al mio assenso me la ha inviata. L’ho trovata bella per due motivi fondamentali. Il primo è nella scrittura, ben delineata e capace di trasmettere appieno il senso e l’umore che l’ha generata. Il secondo è nel contenuto, dove stanno il disagio e la volontà di reagire ad esso per voltar pagina. Col permesso dell’autrice ve la propongo.
Frustano la testa
Parole di ghiaccio con cui ti perdo
Mai scelta fu più giusta
Di quella che consigliò l’orgoglio
Ferito sbraita in un buio profondo
Nessuno lo sente
Fa giocare ira come se una semplice smorfia non bastasse
Arriva solitudine che in silenzio
Soffia piano una sinfonia
A me familiare, mi spaventa
Odora di amaro
Sorrido perché ti perdo
Mi perdo in un sorriso, ricordo di salsedine e lacrime nel cocktail
Scorrono come se non valessero più una bollicina.
La accendo, sbuffo e penso
Sono arrivata fin qui.
Girati verso una stagione nuova, torneranno le rondini
Le smagliature si abbronzeranno e tu farai attenzione a coprirle col costume.
Lascialo portare dal mare, lontano
arriverà ad un’altra riva
Sarà quella, casa
Rosa bianca,
ti guardo sanguinare.
Provo a lenire le tue ferite,
mi dici “è colpa delle spine”.
Sgocciola sullo stelo verde,
come il grembo della leonessa affamata,
a caccia di un pasto per i suoi cuccioli.
Sei fresca,
come l’aria,
mentre volteggi in mezzo al giardino.
Chi ti cura sta per coglierti,
per sempre.
Strappandoti dalla terra
per puro egoismo,
dopo averti fatto pagare l’acqua usata per crescerti.
Rosa rossa
Sei appassita,
tra le dita di chi ti ha promesso amore.
Contorto il gesto di voler custodire la tua bellezza con gelosia.
Il caldo sole non rinforzerà più i tuoi petali
striati.
Si conserverà solo il tuo profumo, nei ricordi di chi
incuriosito,
da quella tua triste bellezza si è avvicinato per fotografarti.
ogni giorno è molto tempo
nel terrore dei quattro cavalieri
nessuno è pronto, tutti impegnati
a farsi assolvere con mestiere
ogni schema finirà in frantumi
pochi i ricchi su cui vendicarsi
vedi, figlia,
come coprono bene i miei maglioni?
stretti per me, per te abiti onesti
pronti per il tempo che verrà
sarà bene trarre da terra
alimento alla fantasia
saranno i tuoi figli il nuovo trascorso
da non affliggere col nostro
Chiudo gli occhi
Chiudo gli occhi.
Vivo nei sogni,
Dolci sogni di bambina
Splendono a luce spenta.
Mi sussurrano “tutto andrà bene”.
La solitudine prende piede,
Io la faccio mia.
Mi travolge,
Io mi giro
salutando vecchie paure.
Cresci nella consapevolezza
Del domani, il tuo:
Solo tu puoi trasformarlo,
Adattarlo al tuo cammino.
Gambe forti reggono
Fatiche.
Un sorriso,
Migliorerà la tua sera
Splendi forte, come il sole.
(Carolina Almerighi, Castelbolognese, 29 luglio 2019)
*
Sono stanco
Sono stanco di parlare di te.
Tu sei morta.
Da viva ascoltavi per far dei ricatti.
Tu sempre sognavi e godevi
che morisse d’un colpo il tuo spasimante.
Fai schifo da morta.
Da viva facevi ammalare di cuore
i poeti per il ribrezzo
che sempre facevi a chi ti guardava.
Ma chi ti sognava?
Un vecchio, perseguitato dai preti,
dagli affetti più antichi,
un vecchio d’altri tempi fregavi
tu mai fregata dai vivi.
Forse oggi un morto ti frega
e, anima in pena all’inferno del nulla,
lui che ti frega annota notando:
«Qui è stata fregata la morta
che io morto ho sposato da morta.
Sposati studiammo la psicanalisi
e sepolti restammo intrisi nel nulla».
Parlando di te parla il vuoto.
Già tu non senti. E il vuoto sul vuoto.
Io solo ormai vivo — e non più morente
posso sentire il vuoto che te morta
vai vuotando nel vuoto del morto.
Era un morto da vivo.
Tu eri morta dapprima.
Eri morta dal tempo dei nonni
che morti pensarono di mettere al mondo
il gran morto: il padre tuo che fu beccamorto,
Il tuo corso di vita (è un imbroglio?)
fu più corto del regime Badoglio:
perché nel frattempo contavi
(ricordi? Non puoi ricordare!)
i soldi che intanto rubavi a colui che vita ti diede
quando pensoso di te stava assente,
Quarantacinque giorni sono stati
ma i tempi — tu sai — li ho contati.
Ebbi parvenza di averti vista in salotto
con la seggetta antica rubata dal morto,
Non più di ventiquattr’ore.
E’ un po’ poco (lo ammetti?)
stare al mondo una sola giornata,
fregare e non restare fregata!
Non lo sai — e mai lo saprai:
la vita è pur breve.
Ci si muore oppure ci si vive.
Ma da morti, come tu che sei morta,
non si vive e neppure si muore.
Povero vuoto sei tu!
Solo un poeta surrealista italiano
poté dar vita al vuoto inumano
che prese dal nome tuo infame
la mala sorte di immagini grame,
Quanto mai lune e razzi lancerò
per trovare il punto del tuo vuoto!
Da domani voglio riposare un po’
– ti giuro – e tornare andare a nuoto:
quando proprio più non ne potrò
farò il morto e… forse ti vedrò.
(Antonio Delfini, Roma, 14 agosto 1960)
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Al sole
Sembra stia per piovere
Cielo grigio piombo
Ricolmo di cattiveria
Sfoga le tue ire
Funeste come il tempo
Come il temporale sul mare
Come da bambina
In spiaggia,
Sorseggia la bibita fresca
Esci dalla finestra
Ricorda che a porte chiuse
Vince solo la nostra squadra
Del cuore.
Carolina “Kerol” Almerighi
Carolina Almerighi è nata a Faenza il 9 agosto 1996, è stato il giorno più bello della mia vita.
Si dorme scomodi in due
Si dorme scomodi in due
Si intrecciano i respiri,
le mani vibrano
si diventa una cosa sola.
Ci si mescola e l’ alchimia che si crea, produce un calore
in grado di assuefare pensieri negativi, paure nascoste.
Mi prendi e dai sollievo ai miei giorni stanchi.
Le mani grandi completano
il puzzle imperfetto del mio corpo, che sbadato si addormenta ancora.
*
Continuo a pensare
Continuo a pensare.
Flusso di pensieri,
Emozioni trasudano
attimi bianchi.
Questo fumo denso si disperde
come ricordi passati che conservo dentro.
Mi muovo, in silenzio,
passo svelto, spalle dritte.
Tortuoso il sentiero che porta a casa, lego i capelli, preparo la borsa.
Esco.
*
Per essere con te in ogni momento della tua giornata
Per essere con te in ogni momento della tua giornata.
Che ti accompagni quando hai sete,
che al tuo risveglio tu possa sorridere di gusto,
e, che nei momenti no tu mi prenda per mano,
scartandomi dalle cattiverie dalla vita.
Per essere con te quando il respiro si scalda e la testa si posa sul cuscino.
Cercando quella protezione che solo a vicenda ci diamo.
Che io sia sempre il tuo bacio della buonanotte.
*
La giornata mondiale della felicità
Mi raccontavi quando fosse bella la città.
Passeggiavi, lo sguardo nascosto dagli occhiali,
come sempre, sembrava che nessuno avesse il permesso di guardarti.
Camminavi,
Con la forza di chi già conosce la strada.
Le labbra, ah… le labbra, rilassate e soffici al contatto visivo.
Il tuo profumo riempiva l’aria, che, con te
sa sempre di primavera.
Eppure,
Non ti accorgevi,
Che per quanto fosse bella la città,
Tu
la facevi splendere per me.
*
La Signora Dura Marcia
Non è l’ebbrezza dentro quel cartone a renderti bella.
Basta osservare ogni gesto,
piccolo e puro,
per ritrovare quella bellezza
che non vedi,
che il Mondo non vede.
Basta
osservare ogni tuo movimento, fluido
per riuscire a scorgere
ciò che il tuo occhio denso non coglie più.
Basta sciogliere i capelli al sole,
rossi come vino,
forti come te,
per sentirsi un po’ più vive.
Basta festeggiare senza che nessuno spii.
Basta alzarsi
Basta
*