Carlos Gardel con poesie di Juan Rodolfo Wilcock

Vieni con me non dico, dico portami.
Davanti a un Santo o a una Madonna chi
direbbe, «vieni, andiamo in Tunisia»?
Ma se l’immagine se ne andasse in giro
chi non vorrebbe accompagnarla, chi?
A trenta metri vedo molto bene,
vorrei seguirti sempre a trenta metri,
e a volte, presso un fiume o una fontana,
avvicinarmi a tanto irraggiamento,
se dormi, se riposi, se sorridi,
per poi la sera chiudermi nel buio
e accertare che splendo anche da solo
e che al di sopra del registratore
col nastro inciso con la tua voce
si addensano apparenze luminose
che in altri tempi si chiamavano angeli,
forme sospese, spiriti apprendisti
che da te vogliono in quei rari paraggi
imparare purezza e tenerezza,
ritegno, verità e altre arti angeliche
mai viste insieme, né in quei luoghi né altrove,
o come si asservisce una nazione
abbassando le palpebre semplicemente.
.
*
.

Preghiera al caso

«Possa tutto mutare e non mutarci;
che i nostri cambiamenti siano identici,
le nostre morti simultanee».
.
Dev’essere un dolore intollerabile
sentir cessare la felicità.
.
*
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Tutto il giorno

Tutto il giorno ho rincorso dentro di me
una corrente chiara come le sere d’estate;
l’acqua è verde e trasparente,
tutto il giorno ti ho ricordato.
.
Vieni, siamo giovani, e qui passa l’amore
fluttuando tra la luna e il vento,
vieni, l’aria concede le tue labbra alle mie;
oh i salici, i salici pensosi!
.
***

Juan Rodolfo Wilcock nacque a Buenos Aires il 17 aprile del 1919 – da padre inglese, Charles Leonard Wilcock, e da Aida Romegialli, argentina, di origine italiana e svizzera – e morì a Lubriano, in provincia di Viterbo, nel 1978. In Argentina, dove apparvero i suoi primi libri di versi (Libro de poemas y canciones, 1940; Ensayos de poesía lírica, 1945; ecc.), fu tra i collaboratori della rivista «Sur». In Italia dal 1958, traduttore dall’inglese e dallo spagnolo, collaboratore di riviste e quotidiani, pubblicò opere poetiche, teatrali e narrative, nutrite da una vena fantastica, ironica e grottesca, non esente, negli ultimi anni, da toni cupi e malinconici. Oltre alle raccolte poetiche (Luoghi comuni, 1961; La parola morte, 1968; ecc.), poi confluite nell’ed. post. delle Poesie (1980; 2a ed. ampl. 1993), vanno ricordati, in prosa, Fatti inquietanti (1960), il romanzo Il tempio etrusco (1973), Parsifal, i racconti del «Caos» (1974), L’ingegnere (1975), Il libro dei mostri (1978). Le opere teatrali, parzialmente riunite in Teatro in prosa e in versi (1962), sono poi apparse in L’abominevole donna delle nevi e altre commedie (1982). Nel 1975, chiese la cittadinanza italiana. Con decreto del Capo dello Stato, gli venne concessa post mortem il 4 aprile 1979.

King Hannah e tre poesie di Dylan Thomas

Non andartene docile in quella buona notte,
vecchiaia dovrebbe ardere e infierire
quando cade il giorno;
infuria, infuria contro il morire della luce.

*

Non essendo che uomini, camminavamo tra gli alberi
spauriti, pronunciando sillabe sommesse
per timore di svegliare le cornacchie,
per timore di entrare
senza rumore in un mondo di ali e di stridi.

*

Questo pane che rompo un tempo fu frumento,
Questo vino su un albero straniero
Nel suo frutto fu immerso;
L’uomo di giorno o il vento nella notte
Gettò a terra le messi, la gioia dell’uva infranse.
Un tempo, in questo vino, il sangue dell’estate
Pulsò nella carne che vestì la vite;
Un tempo, in questo pane
il frumento fu allegro in mezzo al vento;
L’uomo spezzò allora il sole, abbattè allora il vento.
Questa carne che rompete, il sangue a cui lasciate
devastare per le vene, furono
Frumento ed uva, nati
Da radice e da linfa sensuali; voi
Bevete del mio vino, spezzate del mio pane.

***

Dylan Marlais Thomas (Swansea, 27 ottobre 1914 – New York, 9 novembre 1953) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo gallese.

Penguin Café Orchestra con contributi di Daniela Patrian

Scrive Daniela Patrian. Sono nata 56 anni fa a Milano, ho vissuto per trenta anni in questa splendida Metropoli che definisco una ricca ed elegante signora, generosa, ottima insegnante di vita..Il mio percorso scolastico non è dei piu’ brillanti, termina col diploma del liceo linguistico svolto in modo disinteressato, in quanto non coinvolta nel sistema di apprendimento, in parole povere sono una mente pensante ed imparare la lezioncina a memoria non mi ha entusiasmata, tuttavia amo la cultura e ho approfondito da sola. Sono una educatrice Oss, adoro la mia professione che svolgo nel sociale. Ho la passione innata per lo scrivere, disegnare, dipingere, ultimamente mi sto avvicinando anche alla fotografia digitale. Non ho un percorso fatto di partecipazioni letterarie o pittoriche numerose. Ho partecipato ad alcuni premi letterari, un paio di poesie sono state inserite nelle varie antologie. Ho numerose richieste per ritratti di artisti, poi stampati su magliette vendita privata di miei dipinti..Scrivo per me stessa, mi riempio e poi mi svuoto, conto che questa passione, finito l’impegno professionale, diventi parte completa della mia vita.

Daniela Patrian dipinto acrilico su cartone telato “cio’ che accade l’abbiamo dentro noi”

Lettera di un pigiamino a righe alla sua mamma

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Ciao mamma, questo gioco non mi piace, ma siamo in tanti a farlo… e tanti non vorrebbero farlo e piangiamo di nascosto, perché se ci vede quella persona cattiva urla, è una strega!!

A quest’ora avrei mangiato la merenda al caldo e avrei giocato con la mia bambola di pezza che mi ha regalato la nonna, indossando la tua lunga collana… Sai mamma, non ho più il vestitino bello e caldo che indossavo prima, quello rosa coi merletti che mi hai cucito tu, ora tutti abbiamo dei pigiami a righe grandi, tutti uguali. I miei capelli lunghi che mi spazzolavi sempre ora non li ho più, siamo tutti pelati, senza capelli, dicono per assomigliarci tutti quanti, così è il gioco…

Vicino alla strega c’è sempre una signora che io capisco quando parla, si fa capire da tutti, ci ha detto che se faremo i bravi domani mattina andremo a fare una doccia calda in un bellissimo bagno grande, altro che quelli di casa nostra!! Sai, mamma, i bambini, quelli piccoli che non parlano, li hanno costretti a fare questo gioco, strappandoli dalle braccia delle loro mamme, piangevano così forte, sia le mamme che i bambini che ho dovuto tapparmi le orecchie…. io non voglio che tu piangi, come me, perché tu sei forte e lo sono anch’io, grazie a te, però mi mancate tanto, tu, la nonna e il papà che ha cominciato il gioco prima di tutti… Ora dormo un po’…

Ciao mamma, ho vinto il gioco, sono stata brava, anche gli altri bambini lo sono stati, andiamo a fare la doccia calda e profumata, finalmente!! Abbiamo tolto tutti il pigiamino…e in fila cantando stiamo andando… Ti voglio bene…non vedo l’ora di abbracciarti.

*

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Le nostre anime
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Quel dì
i nostri occhi han detto sì,
ma la mia libertà
è amarti senza averti
pur essendo, Tu,
nuvola bianca nella mia anima
e forza che si tramuta in luce
quando lo spirito è felicità per Noi.
.
*
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La Ballerina
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Danza
sulla sabbia inesplorata
come airone in amore
costruendo in un’armonia di colori
lo scenario della fiaba,
ora isola, ora deserto silente,
riprendiamo il discorso interrotto.
così, conduce la sua anima viva, verso voi,
inutili maschere di uomini morti
dove vivere è solo dibattersi in gabbia
come poesia priva di parole;
la ballerina.
.
*
.
Il pensiero nell’azzurro
.
Lascio l’ombra lì sulla terra
e finalmente il pensiero vagabondo vola.
Sfioro gemiti d’onde
ed eccomi nel mio cielo dipinto di arancione.
Leggera volteggio
divento foglia nel vento.
Rincorro ricordi lontani,
tremante di emozione mi adagio
come rugiada sui fiori,
sospesa vivo nell’aria,
ascolto, ascolto, ora i tetti e le cose;
or taci
come un pensiero non completato;
è laggiù il battito e la vita.
.
***********

Ryuichi Sakamoto con una poesia di Bruno Durocher

Il braccio dell’uomo (trad. Francesco Marotta)
.
(Mauthausen 1939 – 1945)
.

Ogni giorno il mio corpo diventa immenso come l’universo
e io sono a un passo dalla tristezza più profonda
affamato di vita e di pane
ricoperto dalla morte e dall’incubo
bevo l’odore del forno crematorio come una goccia d’acqua
……viva

.
tocco la verità della vita e dell’ombra
.

e quando la mia ombra muore
quando cerco un foglio di carta in fondo ai miei occhi
sollevo con le mie braccia la montagna di pietre
e risuono
come una fetta di pane
nell’oscurità della notte

.

perché la notte è come l’attesa della fame
e della paura
perché il giorno è come un bubbone purulento
e la vista è smarrita in una realtà più orribile del terrore notturno

.

già mille volte hanno bruciato il mio scheletro
ma continuando a vivere divento spietato
sono il guardiano l’assassino e il prigioniero
la terra preme sopra il mio fiato
con un desiderio simile a un’abitudine insensata
io esisto

.
*
.

L’odore della morte mi toglie il respiro
mi trovo al centro di un paesaggio fatto di frammenti allucinati
i miei occhi fissano lo sguardo sul grido inudibile della mia
……bocca
bisogna rassegnarsi a morire
soltanto la preghiera separa questo mondo dall’altro
i giorni somigliano a una ruota assetata di sangue
che getta nella gola del fuoco scheletri vestiti solo di pelle

.

il segno dell’alleanza grida la paura del mio corpo

.

la vita è fragile in quest’universo dove la violenza schiaccia la
……debolezza
la cantilena dei giorni modula la paura in mille accenti
e trascina la mia esistenza sulla ghiaia piena di escrementi

*

E’ il giorno dei cambiamenti e dei destini indecifrabili
la mia testa brucia tra le mani smunte come una fiamma
il mondo è un folle delirio nelle tenebre
il sogno e la pena sbriciolati in parole sparse ovunque
e quando la voglia di un corpo estraneo penetra i sensi
il desiderio avvampa e fa male
nel vuoto il vento accende la sua canzone

.

O Eterno, concedimi la calma delle stelle immutabili e la loro
……saggezza
fa che io sia forte di silenzio
che con la mano armata di luce
prenda il mio posto fra le ombre di mezzanotte
e dimentichi i miei occhi

***

Rade – Paolo Angeli (2022) con poesie di Grazia Denaro

Scrive Grazia Denaro: ho sempre amato la poesia, infatti sono sempre stata una lettrice entusiasta. Circa dodici anni fa, ho sentito l’esigenza di scriverne anch’io, non so se ciò che scrivo sia interessante, ma mi aiuta a rasserenarmi dall’inquietudine che mi alberga interiormente. Alcune mie poesie sono presenti su antologie On-line e cartacee. Visitate il suo blog:

https://graziadenaro.wordpress.com/?s=denaro+

*

Un silenzio letale
.
Stasera la pagina del cielo
piange il suo lamento
quando di tanto in tanto
viene graffiata dal lampo.
.
Coperto è il suo velario
intento a nascondere
il brillio degli astri.
.
Osservo l’asfalto viscido
e brumoso
dove non si vede anima
passare
in questa serata spettrale.
.
Una solitudine arcana
m’incombe, rimembrandomi
un bosco di memorie malsane
e di soli neri
in cui la mia cartilagine
è arpa che si scioglie
disfacendo le sue corde
nel buio di ombre lontane
enuncianti l’inquietudine
di un silenzio letale.
.
*
.
Illuminato hanno la storia
.
S’ adagia
sulle ali della sera
odorosa di aerei pollini
un pensiero remoto
ad origliare come sonda sonora
una musica soave accompagnante
l’aggraziato vociare dei trilli di bimbi
che come nelle fiabe corrono felici
intenti ai loro giochi e ai loro grovigli.
.
Di nostalgia e d’amore
risuonano le costole
ad amplificare nella cassa toracica
quel recondito ricordo emozionale
deposto su radici lontane
ora coltivate a distanza
dal pensiero insito
e adagiato
su quelle amene costellazioni
che anche dell’avo
illuminato hanno la storia.
.
*
.
Lascia che accada
.
Lascia che accada
ciò che dovrà avvenire
mi dicevi sempre.
.
Era scritto dovunque:
nei nostri pensieri, nei nostri discorsi,
nelle nostre parole, nelle mie paure
che vertevano fin dai primi momenti
sul volere essere anime libere.
.
Era scritto sui fogli stropicciati
di concetti non concreti,
dentro le sere invisibili
animate improvvisamente
dagli squilli del telefono
a segnare il passo dell’emozione
e della gioia nel ritrovarci
anche solo attraverso un filo
cercando di cogliere
gli umori del momento.
Chiacchiere affettuose
a fibrillarmi il cuore.
.
Ora dimmi,
quando fu che decidesti?
Non potevi rinunciare:
le ali, la vita, viaggiare…
Quel giorno del tuo parlarmi
con voce impercettibile
lo porto ancora stampato negli occhi.
.
Sono stata io che ho contato le ore
che mi hanno stracciata dentro.
.
****

 

Praga – Niechęć con la poesia A coloro che verranno di Bertolt Brecht

Davvero, vivo in tempi bui!
La parola innocente è stolta. Una fronte distesa
vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce
non l’ha saputa ancora.
.
Quali tempi sono questi, quando
discorrere d’alberi è quasi un delitto,
perché su troppe stragi comporta silenzio!
E l’uomo che ora traversa tranquillo la via
mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici
che sono nell’affanno?
.
È vero: ancora mi guadagno da vivere.
Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla
di quel che faccio m’autorizza a sfamarmi.
Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri,
e sono perduto).
.
“Mangia e bevi!”, mi dicono: “E sii contento di averne”.
Ma come posso io mangiare e bere, quando
quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e
manca a chi ha sete il mio bicchiere d’acqua?
Eppure mangio e bevo.
.
Vorrei anche essere un saggio.
Nei libri antichi è scritta la saggezza:
lasciar le contese del mondo e il tempo breve
senza tema trascorrere.
Spogliarsi di violenza,
render bene per male,
non soddisfare i desideri, anzi
dimenticarli, dicono, è saggezza.
Tutto questo io non posso:
davvero, vivo in tempi bui!
Nelle città venni al tempo del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,
e mi ribellai insieme a loro.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.
Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini.
Feci all’amore senza badarci
e la natura la guardai con impazienza.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
.
Al mio tempo le strade si perdevano nella palude.
La parola mi tradiva al carnefice.
Poco era in mio potere. Ma i potenti
posavano più sicuri senza di me; o lo speravo.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
.
Le forze erano misere. La meta
era molto remota.
La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me
quasi inattingibile.
Così il tempo passò
che sulla terra m’era stato dato.
Voi che sarete emersi dai gorghi
dove fummo travolti
pensate
quando parlate delle nostre debolezze
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.
.
Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,
attraverso le guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c’era, e nessuna rivolta.
.
Eppure lo sappiamo:
anche l’odio contro la bassezza
stravolge il viso.
Anche l’ira per l’ingiustizia
fa roca la voce. Oh, noi
che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,
noi non si poté essere gentili.
.
Ma voi, quando sarà venuta l’ora
che all’uomo un aiuto sia l’uomo,
pensate a noi
con indulgenza.

*

Reading and listening to Bukowski

Amore
amore, disse, gas
dammi un bacio d’addio
baciami le labbra
baciami i capelli
le dita
gli occhi il cervello
fammi dimenticare

amore, disse, gas
aveva una stanza al secondo piano
respinto da una dozzina di donne
35 editori
e una mezza dozzina di agenzie di collocamento,
ora non voglio dire che valesse
qualcosa

aprì tutti i beccucci
senza accenderli
e andò a letto

qualche ora dopo un tizio diretto
alla stanza 309
accese un sigaro
nella hall
e un sofà volò fuori dalla finestra
un muro venne giù come sabbia bagnata
una fiamma purpurea divampò fino a 12 metri d’altezza

il tizio a letto
nulla seppe e di nulla si curò
ma oserei dire
che quel giorno
si mostrò piuttosto in gamba.
 
(traduzione Vincenzo Mantovani)

Women in love – Keith Beckingham con tre poesie di Mary Oliver

Un visitatore
.

Mio padre, per esempio,
che una volta era giovane
e con gli occhi blu,
ritorna
nelle notte più buie
in veranda e bussa
selvaggiamente alla porta,
e se io rispondo
devo essere preparata
al suo volto di cera,
al suo labbro inferiore
gonfio di amarezza.
E così, per lungo tempo,
non ho risposto,
ma ho dormito a tratti,
tra le ore del suo bussare.
Ma alla fine venne la notte
in cui sgusciai fuori dalle lenzuola
e con passo incerto scesi nell’ingresso.
La porta si aprì
ed io seppi d’essere salva
e che potevo sopportarlo,
patetico e vuoto,
con persino il minore dei suoi sogni
congelato dentro se,
senza più meschinità.
E lo accolsi e lo interrogai
dentro casa,
e accesi la lampada,
e lo guardai nei suoi occhi assenti,
nei quali vidi finalmente ciò che un bambino deve amare,
vidi ciò che l’amore avrebbe potuto fare
ci fossimo amati in tempo.

*

Giorno d’estate

.

Chi ha fatto il mondo?
Chi ha fatto il cigno e l’orso bruno?
Chi ha fatto la cavalletta?
Questa cavalletta, intendo, quella che è saltata fuori
dall’erba,
che sta mangiandomi lo zucchero in mano,
che muove le mandibole avanti e indietro invece che in su e in giù
e si guarda attorno con i suoi occhi enormi e complicati.
Ora solleva le zampine chiare e si pulisce il muso, con cura.
Ora apre le ali di scatto e vola via.
Non so esattamente che cosa sia una preghiera;
so prestare attenzione, so cadere nell’erba,
inginocchiarmi nell’erba,
so starmene beatamente in ozio, so andare a zonzo nei prati,
è quel che oggi ho fatto tutto il giorno.
Dimmi, che altro avrei dovuto fare?
Non è vero che tutto muore prima o poi, fin troppo presto?
Dimmi, che cosa pensi di fare
della tua unica vita, selvaggia e preziosa?

*

L’utilità della sofferenza

.

(Mentre dormivo ho sognato questi versi)
Una persona che amavo mi ha dato una volta
una scatola piena di buio.

Ci sono voluti anni perché capissi
che anche quello era un dono.

****
.
Mary Oliver (1935 – 2019) è stata una poetessa americana. Ha vinto il National Book Award e il Premio Pulitzer. Il New York Times l’ha descritta come “Di gran lunga, la poetessa di questo paese che ha venduto di più”.

Benjamin Clementine con poesie di René Char

A occhi chiusi e nello sforzo di prendere sonno,
vedo brillare, sul fondo delle mie palpebre,
una brace: è l’anima ostinata,
il relitto lampeggiante
del naufragio glorioso del mio giorno.

*

Il banco d’ocra
.
Tornavamo alle strade
per terre d’ombra e rampe di sangue.
Il timone dell’amore non ci sorpassava,
non ci precedeva più.
Aperta la tua mano,
me ne hai mostrato le linee:
vi sorgeva la notte.
Vi ho deposto una minuscola lucciola
affinché brillasse sul solco della vita:
anni di rinunce s’illuminarono di colpo
sotto quella lampada vivente
infatuata di noi.

*

La carta della sera
.
Una volta ancora l’anno nuovo ci confonde gli occhi.
La veglia è di alte erbe che non hanno amore
se non col fuoco e la prigione che mordono.
Poi saranno le ceneri del vincitore
e il racconto del male.
Saranno le ceneri dell’amore.
La rosa selvatica
che sopravvive a presagi di morte.
Saranno le ceneri, immaginarie,
di te, della tua vita immobile
sul suo cono d’ombra.

****

per saperne di più:

https://it.wikipedia.org/wiki/Ren%C3%A9_Char

Piero Piccioni con poesie di Puskin

Ti amai

Ti amai, anche se forse
ancora non è spento del
tutto l’amore.
Ma se per te non è più tormento
voglio che nulla ti addolori.
Senza speranza, geloso,
ti ho amata nel silenzio e soffrivo,
teneramente ti ho amata come
– Dio voglia – un altro possa amarti

 

Timido inizio

Un voi vuoto con un tu caloroso
scambiava lei nel parlarmi
e suscitava nel cuore innamorato
i più bei sogni di felicità.
Davanti a lei sto in silenzio
di distogliere gli occhi non ho forza
e le dico: – come siete cara –
e penso – come ti amo – 

 

Ricordo il magico istante

Ricordo il magico istante:
Davanti m’eri apparsa tu,
Come fuggevole visione,
Genio di limpida beltà.
Nei disperati miei tormenti,
Nel chiasso delle vanità,
Tenera udivo la tua voce,
Sognavo i cari lineamenti.
Anni trascorsero. Bufere
Gli antichi sogni poi travolsero,
Scordai la tenera tua voce,
I tuoi sublimi lineamenti.

E in silenzio passavo i giorni
Recluso nel vuoto grigiore.

Aleksandr Sergeevič Puškin (1799 – 1837) è stato un poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo. In filologia è considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea.