del mio diario osservo
pagine d’oro e macchie in nero:
oggi pare non dover mai finire
e quel mulo scalciava così forte,
sembrava avesse le corna
conto una per una le mie chiazze,
i denti caduti in battaglia
bestemmie e padroni di ogni giorno:
quello prima e il successivo
dentro un eterno presente
sono contuso, a breve
i miei occhi diverranno opachi,
potrei pensare a un gradino
dove riposare non visto
e lasciarmi alla mercé del passeggio
Cenerentola canta, improvvisa.
Nella sua stanza di Brooklyn,
durante una domenica su Marte,
attende un incredibile successo
fluttuare sulla Luna, violini,
stampa, televisione, notorietà.
Avrà tanti più amici
per quanti gliene porterà il danaro,
riuscirà a esser sola durante feste,
promozioni, set e sala prove.
La rete se ne occuperà,
le aprirà cassetti e armadi,
tutti saranno pronti all’impostura
dicendo di averla conosciuta
ancor prima degli anni di Marte.
Nuovi congiunti la cercheranno,
e la vorranno incontrare.
Tutti e tutte innamorati di lei,
del suo stile netto, spartano,
da spasimarle dietro almeno
una manciata di settimane.
Infine, verrà il giorno
dei capelli color cenere
e di una nuova pelliccia.
Le troveranno la pelle pulita,
nemmeno un tatuaggio.
Amore, lo so, tendo a calpestare lo sporco,
pozzanghere di ogni fatta, non vedo le buche
e debbo passare il giorno dopo
a pulirmi piedi, scarpe, calzini:
ma, sarò prosastico e imbecille,
hai visto lo spettacolo del cielo?
la canzone è vecchia, senza parole, è poesia,
l’ascolto fin dai quattordici anni
ancora non ho smesso, mi commuove ogni volta,
specie oggi, che cambio vita:
niente più spesa settimanale, o mille mila
cose da fare tutte con poco verso
Pinco alla pensione non c’è mai arrivato,
nemmeno Spago, Ilario, Mengo, Michele,
nemmeno Davide, Giacomo, tutti quanti là,
a parlare linguaggi di pietra
quante volte, arrabbiato, ho detto basta con questo schifo! la civiltà del lavoro
è morta e sepolta, non posso farci niente!
sono libero adesso di andare a guardar cantieri
e costruzioni, inutili impalcature,
ho un groppo in gola grosso, grosso
si direbbe grande, come
lo spettacolo del cielo
(OGGI E’ L’ULTIMO GIORNO, DA DOMANI SARO’ UNA SPECIE DI PENSIONATO)
Il sangue di oggi è per il clima.
Non si sente più canto di uccelli,
mentre gli uomini
confondono proteste e soluzioni.
Non è possibile essere come noi.
Per chi lavora ogni giorno,
a chi non ha lavoro,
a chi esibisce danaro, pelle unta
e finirà vitello grasso.
Il sangue di oggi
per le spose di maggio a settembre
smarrite a giugno, mai più ritrovate.
E’ per i nostri figli: possano
essere migliori non ostante noi.
Alle ideologie morte consunte,
agli dei mentitori,
ai caduti sui binari,
ignoti e maledetti dai ritardi.
Il sangue di oggi
è aria cruda di calendario,
è per la pioggia
che non sono mai stato
e all’amore così vicino e lontano.
Il sangue di oggi non vada perduto
né sia circolato invano.
Avanti Tutti,
Fedeli alla Linea di mezzeria,
risoluti, nessuno guardi indietro!
Bruci pure la Foresta, poco importa,
lavorino senza quartiere i più piccoli,
né pane né rimedio,
non si faccia caso agli steli di donna
recisi e gettati nel deserto dell’uomo.
Sia metodico, continuo impegno,
bruci d’allegria
questo tempo fuori controllo
che nessun imperatore potrà sanare. Tanto non succederà. – Dite??
Inguine bisognoso di calore,
perché sei così triste?
Tutti ricordano donne,
la madre, qualcun’altra,
con capelli a pagoda di lacca,
lenti a goccia
su occhi di Deanna Durbin.
Inutile star qui a sindacare
di poeti e cantanti morti
a sgranchirsi l’anima
coi loro rachitici annacqui:
siamo tutti dentro,
non possiamo opporci ai pianti
con vorticosi giri di valzer.
Dati opera e omicidio
all’ordine del giorno,
l’Italia è questa.
Vanta ascendenti speciali
ora del tutto estinti.
Vale forse più
una finestra aperta?
Tra qualche anno, poco più,
la mia generazione sarà morta.
Eppure si affaccia ancora
per gridare a canali
e isole vuote, tutta stordita
da tanta sfigurata bellezza.
Le cose migliori al mondo
si vedono solo da lontano.