
I cancelli incatenati, la recinzione di filo spinato è lì
come un’autorità di metallo contro la neve
e questo grigio monumento al senso comune
resiste alle stagioni. Ancora carica questa recinzione
delle paure di sciopero, di protesta, di uomini uniti
e della lenta corrosione delle loro menti.
Al di là, attraverso le finestre rotte, si vede
dove le grandi presse si sono fermate fra un colpo e l’altro
e così, sospese nell’aria, restano prese
al margine certo dell’eternità.
Le ruote di ghisa sono ferme; si contano i raggi.
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L’ha ripubblicato su alessandriaonline.come ha commentato:
E’ grandissimo!
Penso che il poeta parli di una grande fabbrica dismessa da molto tempo, chiusa nella recinzione di filo spinato e dei grossi cancelli sbarrati. Immagina gli operai che vi hanno lavorato, gli scioperi attuati per avere migliorie sul lavoro. Attraverso i vetri rotti si vedono le grandi presse ferme a mezz’aria con le ruote ferme, a trasmettere la dissoluzione di un’epoca. Una lirica evocativa che trasmette egregiamente le impressioni dell’autore. Notevole!
il bello di questa poesia è che è stata scritta cent’anni fa, dunque non è invecchiata
Sembra attualissima. La nostra epoca è stata un ripetersi del secolo scorso in più vasta scala.
…ogni fabbricato chiuso da tempo, trasmette un importante senso d’abbandono,ancor più se si tratta, di un luogo di lavoro, che ha visto vite all’opera e macchinari in piena attività giornaliera…
Ho apprezzato questi versi che rispecchiano una parte della realtà che viviamo….
grazie Silvia