… «E poi ci venne nebbia e neve insieme,
faceva freddo straordinariamente:
e montagne di ghiaccio, quanto gli alberi alte,
ci flottavano accanto, verdi smeraldo.
[La terra del ghiaccio e degli spaventevoli fragori, sulla quale non si scorgeva cosa vivente.]
Tra il turbinare le rocce innevate
facevano un lugubrissimo vedere:
non avvistavi forma d’uomo o bestia –
il ghiaccio era dovunque.
Ghiaccio qui, ghiaccio là,
era dovunque, il ghiaccio:
e crosciava, ringhiava, ruggiva ed ululava,
i rumori che intendi da svenuto!
[Finché un grande uccello marino, un Albatro, apparì di tra la bruma nevosa e venne accolto con gioia ed ospitalità grandi.]
Alla fine incrociammo un Albatro,
sbucò di tra la bruma;
lo salutammo in nome del Signore,
quasi che fosse un’anima cristiana.
Mangiò del cibo che mai aveva assaggiato,
e ci volava intorno di continuo.
Il ghiaccio si fendé scoppiando in tuono:
il timoniere ci passò nel bel mezzo!
[Ed ecco che l’Albatro si rivela uccello di buon augurio e segue la nave nel suo ritorno a nord, tra foschia e banchi di ghiaccio galleggianti.]
Ci nacque a poppa un vento benigno;
l’Albatro ci teneva compagnia,
ed ogni giorno, per cibo o per gioco,
compariva al richiamo di noi.
Facesse nebbia o nuvolo, sull’albero o su sartia,
si stette appollaiato nove sere;
mentre di notte la bruma bianca
baluginava la luce della luna».
[Il vecchio Marinaio slealmente uccise il pio uccello di buon augurio.]
«Dio ti scampi, mio vecchio Marinaio,
dai diavoli che ti torturano così!
Perché fai quella faccia?» Con la balestra
io abbattei quell’Albatro.
[…]
[La nave entra subitamente in bonaccia.]
Cadde la brezza, caddero le vele:
più triste di così era impossibile;
noi si parlava solamente per rompere
il silenzio del mare!
In un cielo rovente, di rame,
il sanguigno Sole, a mezzodì,
stava a piombo sul maestro,
non più grosso della Luna.
Un giorno e un altro, un giorno dopo l’altro
stemmo, senza un alito, una scossa;
fermi come una nave dipinta
sopra un oceano dipinto.
[E si inizia la vendicazione dell’Albatro.]
Acqua, acqua in ogni dove,
ed il fasciame s’imbarcava tutto;
acqua, e soltanto acqua,
e neanche una goccia da bere.
Marciva perfin l’abisso. O Cristo!
Che dovesse succederci questa!
Cose vischiose strisciavano,
con mille piedi, sul vischioso mare.
Intorno a noi, a sciami vorticanti,
fuochi di morte ballavano a notte;
e l’acqua, come gli oli delle streghe,
ardeva verde, azzurra e bianca.
[Uno Spirito li aveva seguiti: uno degli invisibili abitatori di questo pianeta, non anime dipartite né angeli; riguardo ai quali si può consultare il dotto ebreo Giuseppe e Michele Psello, Platonico Costantinopolitano. Sono numerosissimi e non v’è clima od elemento che non ne conti uno o più.]
Certuni in sogno presero coscienza
dello Spirito che così ci tribolava:
ci aveva seguiti, nove braccia sotto,
dalla terra della bruma e della neve.
Ed ogni lingua, per la sete estrema,
s’era seccata alla radice;
non cacciavamo fuori la parola,
peggio che fossimo ingozzati di fuliggine.
[I compagni, nella loro ambascia, non esitano a gettar l’intera colpa sul vecchio Marinaio; in segno di che, gli appendono al collo l’uccello morto.]
Povero me! Che truci sguardate
mi toccarono da giovani e vecchi!
Al collo, al posto della croce,
mi venne appeso l’Albatro.
*
…una spiccata suggestione, in questo testo d’oscuro mare, accompagnato da un brano musicale d’un coinvolgente pianoforte….
ho tentato di unire bellezza alla bellezza
Da questi versi emerge una ballata che, mette in luce una maledizione che colpisce una nave ed il suo equipaggio per l’uccisione di un alabatro, da parte di un marinaio
accompagnato da una musica classica che ne esalta l’atmosfera. Versi molto apprezzati
grazie davvero
Applausi! 👏👏👏
due grandi artisti lontani nel tempo e nello spazio, enormi
Che meraviglia!
grazie!