Il Nome che ti manca è un’auto antologia (poesie scelte e confezionate) dall’autore, racchiude poesie composte tra il 2005 e il 2015. Alcune sono formidabili. E ringrazio Ugo Magnanti per il suo bel dono.
qui alcune notizie sul libro:
Finisca pure l’estate
a un certo punto,
e finisca la poesia,
e tutto ciò che si consuma
in fremiti o rimpianti.
Finiscano persino le
parole, che qualche
volta fanno un suono
strano, e quasi sembrano
preghiere: che importa,
se non potrò più dirle
numinose ad ogni passo,
o se si spegneranno
in numero di mille
appese a un gancio:
che importa, se ogni
pagina sotto ogni riga
riarsa sarà come un
greto invaso dai rottami.
Non avrò poesie da
stringere, quando si
alzerà il freddo sopra
mani e spalle, e braccia,
e volti, e sarà un freddo
vero, non solo una parola.
*
I bisonti erano perfetti: nella
riserva istintiva una cerimonia
d’addio completava l’oscurità.
Sotto la parete, dove solo ieri
c’era lo schermo, adesso c’è la sagoma
vana di mezzogiorno, spalancata
sul padrone, sull’inquilino astuto.
*
Credo sia proprio
questo, e non un altro,
il pomeriggio che oggi
si è messo a circondarmi,
e sono queste le poche cose
inermi a starmi intorno,
dopo che tante altre
dentro sguardi storditi sono
esplose, e ora non è facile
nemmeno nominarle,
mentre vorrei persino
averle addosso, e sentire
l’estate che sibila in un
canale marcio, e piegarmi
e spogliarmi sul fermento
che si perde dietro la finestra,
e parla con la bestia in ansia
nel recinto della casa accanto,
ma ancor di più con dune e canne.
E non so se sono questo o
quello, il cinico o l’ingenuo,
chi ora scrive con la faccia
al muro, o chi è rimasto là,
a far la guardia a una bella
femmina che va di corpo.
*
La città verso un aspro quartiere:
qualche faccia sui muri, un selvatico
fiore: facile adesso volere,
nella polvere, estinto, il politico.
*
Parlo della creta
e di come è fatto l’uomo
a mezzogiorno
dall’altoparlante
nell’alveo della chiesa
suggerendo un regno
dalle ceneri rivivono
corpi infiniti
sugli uomini
non sbarca più
la notte
di tutti i torti
fatti a dio
oppure al prossimo
verrà consolato
chi quei torti ha commesso
chi invece li ha subiti
sarà felice
senza una ragione.
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Ugo Magnanti ha pubblicato diverse opere di poesia, tra le quali, più recentemente, il poemetto in ‘stanze’ L’edificio fermo, con prefazione di Antonio Veneziani e una nota di Cristina Annino, 2015; Di allegorico miele. Rapsodie sarde, con note di Leonardo Onida ed Efisio Cadoni, 2016; la plaquette Ciclocentauri, con tavole di Gian Ruggero Manzoni, 2017, tutte per FusibiliaLibri. Fra le curatele Quanto non sta nel fiato, tutte le poesie della poetessa serba Duška Vrhovac, prefazione di Ennio Cavalli, FusibiliaLibri, 2015; Sogni di terre lontane, di Gabriele D’Annunzio, prefazione di Pietro Gibellini, Scoprirenettuno, 2010.
Bella la prima.. ma è proprio quando qualcosa finisce di essere che diventa eterna. Niente può più cancellare che è stata.
o certo, il tempo vissuto lo può rubare soltanto Alzheimer
Lo conosco quello..
digli di non presentarsi alla mia porta
Com’è che diceva De Andrè? Come il fumo lui penetra in ogni fessura.. anche se parlava d’ altro. Comunque non pensavo a una cosa così soggettiva, quello che diventa eterno è l’ idea, il mito, l’ archetipo, la poesia ecc.
niente è eterno, quanto di più fortunato è duraturo e ci sembra eterno soltanto perché un poco più vecchio di noi
Secondo la logica di un processore niente è eterno = if not eterno = niente. E non credo siamo niente. Checchè ne dica Seneca
Alberto Rizzi (da FB) Effettivamente un autore valido.
“Credo sia proprio” è molto vera: proprio come immergersi in una quotidianità che ci appartiene. Poesie semplici ma nello stesso tempo molto vive in noi che ne facciamo parte.
grazie Antonio, condivido appieno
Ricevo con piacere da Ugo Magnanti:
Grazie veramente… pensavo fosse una recensione, ma questa formula ‘ascolta e leggi” è più affascinante e originale! Grazie ancora, anche per le belle parole, e un grande saluto!
Un autore degno di nota.
Sempre preziosi questi tuoi articoli
grazie
Grazie ancora una volta, un autore a me (fin’ora) sconosciuto