3 pensieri su “Caleranno i Vandali, oggi su Neobar”
La poesia di Flavio, taglia, come un foglio preso nello stesso verso, quando nemmeno senti il lacerare della pelle e vedi direttamente il sangue. Ogni elemento della sua poesia ha un ruolo preciso, non casuale, e solo in apparenza versi così contratti potrebbero sembrare anche semplici da realizzare. Invece, più è asciutto il verso, maggiore è il peso dei suoi costituenti, senza dubbio. I due commenti che aprono e chiudono l’articolo sono molto interessanti e, pur nell’uso di un linguaggio ricercato e in alcuni tratti solo per addetti ai lavori, ornano la poesia di Flavio – che anche da sola ha forza quanto basta per imprimersi nella memoria del lettore – aggiungendo sicuramente elementi e spunti per una successiva riflessione.
“Di tutti i ricordi che ti ho dato” lascia il segno.
Abele Longo (Neobar) ha detto:
dicembre 1, 2016 alle 23:12
I “vandali” di Flavio Almerighi come i “barbari” di Kavafis. Qui tuttavia più che consapevolezza di una fine alle porte, i barbari ce li troviamo già in casa, dentro di noi. Immagini incisive, cariche di vita vissuta, di una umanità che non sapeva ancora dove sarebbe andata a parare. Immagini che si stagliano, in tutta la ruvidezza e le contraddizioni, contro il vuoto che ne è seguito. I vandali sono appunto già calati e dalle nostre macerie guardiamo a quegli anni dove Clint Eastwood faceva Callaghan, per cercare, appigliarci almeno a un senso; in quel mondo diviso in rossi e neri e i film che si guardavano finivano inevitabilmente in una sponda o l’altra.
Diamo il nostro benvenuto a Flavio Almerighi che ringraziamo, insieme a Doris, per questo dono contro la barbarie.
La poesia di Flavio, taglia, come un foglio preso nello stesso verso, quando nemmeno senti il lacerare della pelle e vedi direttamente il sangue. Ogni elemento della sua poesia ha un ruolo preciso, non casuale, e solo in apparenza versi così contratti potrebbero sembrare anche semplici da realizzare. Invece, più è asciutto il verso, maggiore è il peso dei suoi costituenti, senza dubbio. I due commenti che aprono e chiudono l’articolo sono molto interessanti e, pur nell’uso di un linguaggio ricercato e in alcuni tratti solo per addetti ai lavori, ornano la poesia di Flavio – che anche da sola ha forza quanto basta per imprimersi nella memoria del lettore – aggiungendo sicuramente elementi e spunti per una successiva riflessione.
“Di tutti i ricordi che ti ho dato” lascia il segno.
Abele Longo (Neobar) ha detto:
dicembre 1, 2016 alle 23:12
I “vandali” di Flavio Almerighi come i “barbari” di Kavafis. Qui tuttavia più che consapevolezza di una fine alle porte, i barbari ce li troviamo già in casa, dentro di noi. Immagini incisive, cariche di vita vissuta, di una umanità che non sapeva ancora dove sarebbe andata a parare. Immagini che si stagliano, in tutta la ruvidezza e le contraddizioni, contro il vuoto che ne è seguito. I vandali sono appunto già calati e dalle nostre macerie guardiamo a quegli anni dove Clint Eastwood faceva Callaghan, per cercare, appigliarci almeno a un senso; in quel mondo diviso in rossi e neri e i film che si guardavano finivano inevitabilmente in una sponda o l’altra.
Diamo il nostro benvenuto a Flavio Almerighi che ringraziamo, insieme a Doris, per questo dono contro la barbarie.
grande Flavio, ho riletto da poco i tuoi “vandali” ed è stato come scoprirli di nuovo.
Un abbraccio